MT89: Verità che dividono



E’ da qualche settimana che volevo scrivere un pezzo sui recenti avvenimenti tra Israele e Palestina, consapevole di muovermi all’interno di un terreno molto scivoloso. Il rischio di cadere nel profano, mescolando storia e religione, cultura e popoli, territori e occupazioni, è altissimo. La verità è che questo è un argomento che sento di non capire abbastanza bene. Guardandomi in giro però ho maturato l’idea che scrivere qualcosa di interessante a riguardo poteva essere cosa buona e giusta, vista la quantità di gente che parla e straparla di cosa che conosce ancora meno di me. Il sentito dire, la supercazzola tramandata, la deriva complottista è davvero una sconfitta dell’essere umano: chi ancora si culla dietro questi falsi miti è un perdente nell’animo. Pertanto proverò con il piede di piombo ad entrare nelle grinfie della storia per capirci qualcosa di più. Approfondiamo.

Chi è Ḥamās

Ḥamās, acronimo di Ḥarakat al-Muqāwama al-Islāmiyya (in arabo Movimento Islamico di Resistenza, entusiasmo, zelo, spirito combattente) è un'organizzazione politica e paramilitare palestinese islamista, sunnita e fondamentalista, centrale nel Conflitto israelo-palestinese . Ha un'ala militare (le Brigate Ezzedin al-Qassam) ed è considerata un'organizzazione terroristica da Unione Europea, Stati Uniti, Israele, Canada, da una corte in Egitto e dal Giappone, ed è bandita dalla Giordania. Fondata dallo sceicco Ahmad Yasin e Mahmud al-Zahar nel 1987 sotto la pressione dell'inizio della prima intifada come braccio operativo dei Fratelli Musulmani per combattere con atti di terrorismo lo Stato di Israele, Hamas ha commesso e rivendicato svariati attentati suicidi contro i civili israeliani, tra cui l'attentato di Gerusalemme del 1997, quello di Rishon LeZion del 2002, il massacro del bus 37 ad Haifa e molti altri soprattutto durante la seconda intifada, provocando centinaia di vittime civili e militari. Dal 2001, ha più volte attaccato Israele con razzi venendo accusata di crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Hamas gestisce anche ampi programmi sociali, e ha guadagnato popolarità nella società palestinese con l'istituzione di ospedali, sistemi di istruzione, biblioteche e altri servizi in tutta la Striscia di Gaza.



Una parte della città di Gaza vista dall’alto


Lo Statuto di Hamas propone il ritorno della Palestina alla sua condizione precoloniale e l'istituzione di uno Stato palestinese. La stessa Carta dichiara che «non esiste soluzione alla questione palestinese se non nel jihād», ovvero guerra santa e la completa distruzione dello stato d’Israele. Questo è un argomento interessante da inserire nei dibattiti dei pacifisti e anti-semiti sparsi per il globo: gli accordi seppur impari, si fanno tra due parti. Come fare accordi con un organizzazione nata per cancellare lo stato d’Israele

Ciononostante nel luglio 2009 Khaled Mesh'al, capo dell'ufficio politico di stanza a Damasco, ha dichiarato che Hamas era intenzionato a cooperare con una «soluzione del conflitto Arabo-Israeliano che includesse uno stato Palestinese sui confini del 1967», a condizione che ai rifugiati palestinesi venisse riconosciuto il diritto al ritorno in Israele e che Gerusalemme Est fosse riconosciuta come capitale del nuovo stato. Tale risoluzione, ovvero l'accettazione della soluzione a due Stati, è stata ripetuta varie volte dagli esponenti di Hamas e dai suoi nutriti sostenitori. Perchè è bene ricordarlo che Hamas gode di un grande consenso all’interno della Striscia, ma come ha conquistato il potere? Con il metodo più antico di tutti: la forza.

L'ala politica di Hamas ha vinto diverse elezioni amministrative locali in Gaza, Qalqilya, e Nablus. Nel gennaio 2006 con una vittoria a sorpresa alle elezioni legislative (elezioni? Siamo seri) in Palestina del 2006 con il 44% circa dei voti, Hamas ottenne 74 dei 132 seggi della camera, mentre al-Fatah, con il 41% circa dei voti ne ottenne solo 45. La distribuzione del voto però era molto differente nei vari territori: le principali basi elettorali di Hamas erano nella Striscia di Gaza, mentre quelle del Fatah erano concentrate in Cisgiordania. Questo lasciò subito presagire che, se i due partiti non avessero trovato un compromesso, sarebbe potuta scoppiare una lotta per il controllo dei due territori nei quali ciascuno dei due partiti era più radicato. A seguito della Battaglia di Gaza (2007) tra Fatah e Hamas, questa prese il controllo completo dell'omonima Striscia eliminando o allontanando gli esponenti avversari; nel quadro di tali eventi e tra accuse di illegalità a loro volta i funzionari eletti di Hamas, furono eliminati fisicamente o allontanati dalle loro posizioni dall'Autorità Nazionale Palestinese in Cisgiordania e i loro incarichi furono assunti da esponenti del Fatah e da membri indipendenti.



Proteste filo-palestinesi nelle principali città del mondo


Dopo gli attacchi terroristici del 7 Ottobre da parte di Hamas contro Israele, tantissimi musulmani e non, sono scesi in piazza per condannare Israele, non Hamas. Ora che Israele sta facendo quello che qualsiasi altro Paese al mondo avrebbe fatto, stanno condannando di nuovo Israele. La confusione qui nasce dal definire subito i contendenti: l’oppressore e gli oppressi. Il mondo islamico (inteso come la fratellanza araba), nazi-fascisti, anti-semiti e altre minoranze non identificate, convivono e tramandano l’odio contro gli Ebrei. Molti di essi hanno trascinato l’opinione pubblica nel credere che Israele fosse l’oppressore e i palestinesi gli oppressi. Queste credenze si riscontrano dai no-vax agli accademici. E’ un gregge senza fine, un Matrix 2.0. Le accuse principali sono quelle di aver «rubato» la Palestina agli arabi, di essere uno stato di aparheid e che il suo governo è composto essi stesso da terroristi. Sarà vero? Scaviamo a fondo.

Nessun possesso, nessun proprietario

La storia del conflitto arabo-israeliano è troppo complicata per rientrare nel modello narrativo di base di oppressore contro vittima su cui noi «diversamente abili» ci basiamo per capire il mondo. Ma inizia con un vittimismo reale e legittimo. Storicamente, i cristiani si sono risentiti con gli ebrei per aver rifiutato Gesù e i musulmani con gli ebrei per aver rifiutato Maometto. Questo risentimento è stato esacerbato dal fatto che gli ebrei, la cui eredità di vagabondaggio li ha trasformati in un popolo pieno di risorse e adattabile, spesso superavano economicamente i nativi delle società di cui facevano parte. Di conseguenza, la storia degli ebrei è una storia di persecuzione. Nel XIX secolo in Europa nacque il sionismo, ovvero l'idea che gli ebrei per essere finalmente liberi dalle discriminazioni che avevano affrontato per secoli, avessero bisogno di uno Stato tutto loro. Alla fine scelsero la regione nota come Palestina, perché corrispondeva alla loro terra ancestrale di Israele, come raccontato dalla Torah. Due secoli fa la Palestina non era mai stata uno Stato. È sempre stata una provincia vagamente definita dagli imperi e molti abitanti della terra erano seminomadi; non costruivano città o paesi, ma vagavano seguendo le stagioni.

Il problema nacque nel 1867, quando gli ebrei iniziarono ad acquistare terreni palestinesi da proprietari terrieri privati. I terreni acquistati erano stati abbandonati perché erano per lo più paludi di bassa qualità, ma al loro arrivo lavorarono per cambiare le cose. Drenarono le paludi, costruirono i primi sistemi di irrigazione e le prime fattorie della regione e gradualmente misero in comune le loro terre per formare gli attuali kibbutz (ne avrai sentito parlare al telegiornale nelle prime ore dell’assalto). Agli inizi del ‘900 i venti di guerra si alzarono e da lì a poco cominciò la prima guerra mondiale: proprio in quegli anni gli inglesi iniziarono ad amministrare la regione ed erano alla ricerca disperata di alleati per la guerra, così promisero uno Stato sia agli ebrei che agli arabi in cambio di un aiuto per vincere la guerra. Dopo la guerra, gli ebrei si dimostrarono più attivi degli arabi nel convincere gli inglesi a mantenere la loro parte dell'accordo. Per questo motivo, sono stati fatti molti più progressi nel gettare le basi per uno Stato israeliano in Palestina che per uno Stato arabo.



Israele compressa nella parte più infuocata del Medio Oriente


Quando le comunità ebraiche cominciarono a fiorire in Palestina, incontrarono l'ostilità degli arabi locali, la cui amarezza nei confronti degli immigrati relativamente benestanti era esacerbata dall'antisemitismo islamico e dal Kibbush Ha'avoda, la pratica sionista di assumere ebrei piuttosto che non ebrei. Le tensioni aumentarono e gli arabi si ribellarono violentemente nel 1936, portando gli inglesi a istituire la Commissione Peel. Gli inglesi proposero di dividere la terra tra arabi ed ebrei, con l'80% per gli arabi e il 20% per gli ebrei. Gli ebrei accettarono, ma gli arabi rifiutarono: ritenevano di essere gli unici abitanti e di avere diritto al 100%. Una sorta di usucapione dei giorni nostri (un modo di acquisto della proprietà a titolo originario basato sul perdurare per un determinato periodo di tempo del possesso su un bene).

Dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale, alcuni leader arabi, come il Gran Muftì Amin al-Husseini, collaborarono con i nazisti sia contro gli inglesi che contro gli ebrei. Hanno supervisionato la creazione di unità di SS musulmane e hanno spesso diffuso la propaganda nazista, come le teorie di cospirazione antisemite, in tutto il Medio Oriente. Per molti ebrei, l'Olocausto ha giustificato il sionismo, rinnovando il timore che, se non avessero avuto uno Stato proprio, avrebbero continuato a essere capri espiatori e perseguitati. Per questo motivo, molti altri ebrei americani ed europei iniziarono ad acquistare terreni in Palestina. Dopo la Seconda guerra mondiale, gli inglesi, stanchi della guerra e con un impero in disfacimento, cedettero l'amministrazione della Palestina alle Nazioni Unite. Nel 1947 le Nazioni Unite votarono per dividere la Palestina in due Stati: uno ebraico e uno arabo. Questa volta fu offerta più terra agli ebrei che agli arabi, nonostante il numero di ebrei fosse inferiore a quello degli arabi, ma ciò era dovuto al fatto che la maggior parte delle aree ebraiche erano considerate dall'ONU paludi di bassa qualità e aride distese nel deserto del Negev. Tuttavia, gli arabi rifiutarono l'accordo. Ormai i sionisti della regione, rafforzati nel numero e nella convinzione dall'Olocausto, erano convinti di aver bisogno di uno Stato per la propria protezione. Secondo loro, gli arabi avevano già più di una dozzina di Stati propri e avevano appena ricevuto il vicino Stato di Giordania. Nel frattempo, gli ebrei non avevano nemmeno uno Stato al mondo. I sionisti consideravano questa situazione un'ingiustizia e vedevano il ripetuto rifiuto degli arabi del loro diritto a uno Stato ebraico come una ragione in più per la sua necessità. Così nel 1948 i sionisti dichiararono unilateralmente l'indipendenza dello Stato di Israele.

Indignati, sette Paesi arabi attaccarono la neonata nazione. Nella guerra che ne seguì, entrambe le parti commisero atrocità. Circa 700.000 arabi fuggirono da Israele in quella che alcuni chiamano la Nakba (catastrofe). Israele vinse la guerra, ma la Giordania conquistò la regione oggi nota come Cisgiordania ed espulse gli ebrei dall'area. Nel frattempo, gli arabi che erano fuggiti da Israele cercarono di tornare, ma poiché erano 700.000 e gli ebrei solo 600.000, furono considerati un rischio per la sicurezza e fu loro negato il rientro. Le tensioni continuarono per due decenni e nel 1967 Egitto, Giordania e Siria combatterono un'altra guerra con Israele, che vinse in sei giorni (denominata «la guerra dei sei giorni», ndr) conquistando il Sinai e Gaza dall'Egitto, la Cisgiordania dalla Giordania e le alture del Golan dalla Siria. Umiliati, gli Stati arabi si riunirono in Sudan, dove emisero la Risoluzione di Khartoum: «Nessuna pace con Israele. Nessun negoziato con Israele. Nessun riconoscimento di Israele.»



L’esercito israeliano è super addestrato dopo quasi 100 anni di conflitto


Nel 1973 la coalizione araba lanciò un attacco a sorpresa contro Israele nel giorno sacro ebraico dello Yom Kippur. Ancora una volta furono sconfitti. Durante i successivi colloqui di pace, gli arabi rifiutarono tutte le offerte, tanto che il diplomatico israeliano Abba Eban disse: «Gli arabi non perdono mai l'occasione di perdere un'opportunità.» Ciononostante, Israele continuò a offrire opportunità. Propose di restituire il Sinai all'Egitto se quest'ultimo avesse accettato la pace con Israele, un accordo che l'Egitto infine accettò. In seguito Israele ha anche offerto di restituire le alture del Golan alla Siria se questa avesse accettato la pace, ma l'offerta è stata rifiutata. Nel 2005, Israele si ritirò da Gaza, cedendo il controllo della regione ai palestinesi, ma continuando a fornire cibo, acqua ed energia. I palestinesi tennero le elezioni e scelsero di eleggere Hamas, un gruppo jihadista antisemita. Immediatamente Hamas iniziò a prepararsi per la jihad, indottrinando i palestinesi con una propaganda odiosa, riducendo i loro diritti, rubando gli aiuti internazionali destinati a loro e usando gli aiuti per armare la popolazione e le infrastrutture di Gaza. Ora che Hamas aveva il pieno controllo di Gaza e un sostegno sostanziale in Cisgiordania, non ci sarebbero state più opportunità di pace.

Conclusioni

Ovviamente sono successe molte altre cose. Ma l'idea comune che Israele abbia «rubato» la Palestina è così semplicistica da essere sbagliata. La Palestina non è mai stata uno Stato. I primi coloni ebrei hanno comprato e sviluppato la terra su cui si sono insediati. In seguito hanno formato uno Stato per difendersi e quando hanno annesso territori arabi, di solito è stato a seguito di una guerra iniziata dagli arabi, guidati da nazionalisti e fanatici religiosi. Nel complesso si nota una tendenza persistente: Israele e la comunità internazionale hanno ripetutamente offerto compromessi agli arabi in cambio della pace e ogni volta gli arabi li hanno rifiutati.



Le piazze schierate dalla parte dei palestinesi fanno riaffiorare pericolosi venti anti-semiti


Dobbiamo smettere di considerare la questione in termini di chi opprime chi, perché questo non porta da nessuna parte. Da un lato, abbiamo i palestinesi a cui è stato negato uno Stato proprio e che ora vivono per lo più in ghetti impoveriti, costretti a subire sia l'oppressione islamista che la punizione collettiva israeliana per i crimini jihadisti. Dall'altra parte abbiamo gli ebrei, che sono stati perseguitati più di ogni altro popolo nella storia e che hanno chiesto un solo luogo in cui poter essere finalmente al sicuro, un solo Stato ebraico che è stato inesorabilmente attaccato fin dal momento della sua nascita e che ora sta cercando di sopravvivere in mezzo a 22 Stati arabi ostili e a un mondo che non li sopporta. Israele deve sapere che il mondo lo osserva e che chiederà conto (in territori?) di eventuali eccessi, consci del fatto che una risoluzione pacifica e la fine della guerra d’attrito potrà esserci soltanto con la scomparsa di Hamas. E questo ahimè richiederà violenza che ancora una volta calpesterà le vite di un popolo come quello palestinese, costretto a sopportare le ingiustizie di 100 anni di conflitto, compressi nella più piccola e angusta parte del mondo.

Al prossimo articolo!

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