MT78: Una folle estate italiana

 



La ricorderemo come l’estate dei due euro per il toast tagliato a metà, per il caffè a 60 euro di Porto Rotondo e anche per la benzina a 2,7 euro al litro. Questo era il «fixing» della verde (self service) che campeggiava sul tabellone lungo l’autostrada A8 Varese-Milano. Un prezzo limite, ben al di sopra anche di quello praticato da altre aree di servizio nei paraggi. Che comunque facevano pagare il pieno a cavallo dei 2 euro al litro. La stazione è la Villoresi Ovest, alle porte di Milano. Si tratta di un nodo nevralgico del traffico autostradale, nel punto in cui si raccordano nell’arco di pochi chilometri l’arteria da Varese, quella da Como, la tangenziale ovest di Milano e la A4. L’automobilista sorpreso dalla cifra riportata potrebbe pensare a un errore ma entrando 5 chilometri avanti nell’area di servizio si scopre che il prezzo praticato è effettivamente di 2,7 euro al litro; che sale a 2,8 nella versione «servito».



Cartello dei prezzi praticati sull’autostrada A8 Varese-Milano 


L’insegnamento che traiamo da questa ed altre storie dell’estate italiana è che il fenomeno inflazionistico è incontrollabile, o almeno lo è parzialmente. La stagionalità incide parecchio sulle materie prime e questo molto spesso è un fattore sottovalutato o dimenticato. Avete cominciato a sentire di nuovo che il prezzo del gas è in aumento? Benvenuti nel mondo della domanda e dell’offerta! Ogni anno i prezzi subiscono variazioni per i motivi più disparati. Se controllaste un andamento stagionale dei prezzi del gas, del carburante, dell’oro, del caffè e così via, noterete delle ricorrenze stagionali frutto del clima (più o meno buono), degli spostamenti (maggior traffico a causa dei vacanzieri) e altri fattori come ad esempio quello delle scorte per far fronte al prossimo inverno. La stupidità in questi casi è dilagante quasi quanto lo slogan “bruciati miliardi di capitalizzazione in borsa”. La verità è che, come dicevo poco fa, l’inflazione è dura da combattere e una delle principali preoccupazioni per i consumatori. I politici dovrebbero preoccuparsi del fatto che che questo è un problema a lungo termine ma non sembrano farci caso. Per quale motivo? Presto spiegato: lo gettito fiscale (iva, accise, base imponibile) aumenta sensibilmente in questo periodo; le entrate aumentano e così le capacità di spesa aumentano. Uno Stato virtuoso dovrebbe lavorare sulla diminuzione dell’enorme debito accumulato ma non riponete troppe speranze nella politica: negli ultimi 40 anni il rapporto debito-Pil è decollato, accontentando la propaganda.

Siamo entrati in un vortice inflazionistico. Questo è molto evidente analizzando la componente core. Le famiglie di tutta Europa temono che la cosiddetta "crisi del costo della vita" sia destinata a durare. Questo nonostante i tassi d'inflazione nella maggior parte dei Paesi europei siano recentemente scesi, non da ultimo grazie agli effetti base e al sostegno delle pressioni sui prezzi di cibo ed energia. Gli economisti prevedono un ulteriore calo dei prezzi, ma i consumatori non sono d'accordo e ne hanno ben ragione. I libri di economia andrebbero riscritti e attualizzati. La maggior parte si aspetta che i prezzi rimangano ben al di sopra di ciò che considerano "stabile" per almeno altri tre anni. E presumono anche che i loro punti deboli in termini di inflazione rimarranno invariati. Il sentiment dei consumatori è un indicatore quasi infallibile. La storia del litro di latte è emblematica in tal senso, distinguendo la dura realtà dalla teoria.




Queste percezioni sono preoccupanti per quanto riguarda la spesa futura. Tra poco analizzeremo le cifre, ma tre quarti delle persone le cui abitudini di risparmio sono state influenzate dall'inflazione affermano di risparmiare meno perché non possono permetterselo o semplicemente perchè devono risparmiare di più per prepararsi a futuri aumenti dei prezzi. Questo dovrebbe avere un impatto negativo sulla spesa discrezionale. In un recente sondaggio è stato chiesto ai consumatori di confrontare la percentuale del loro reddito netto che spendono oggi per vari gruppi di beni con quella che spendevano 5 anni fa. Non sorprende che in cima alla lista ci siano i generi alimentari e l'energia, che sono anche in testa alle statistiche ufficiali sull'inflazione. Questo quadro è più o meno lo stesso in tutti i Paesi dell’Eurozona: nella maggior parte dei Paesi dell'area dell'euro, la spesa per il risparmio e la previdenza ha subito una flessione, mentre nei Paesi non appartenenti all'area dell'euro sono state registrate percentuali molto più elevate di aumenti piuttosto che di diminuzioni.

Oltre l'80% dei consumatori ha segnalato cambiamenti nel proprio comportamento di risparmio, la maggior parte dei quali legati all'aumento dei prezzi. Essere costretti a ridurre l'ammontare dei risparmi è stata di gran lunga la risposta più selezionata in tutti i Paesi. A seconda delle circostanze, potrebbe anche essere sensato da un punto di vista economico risparmiare meno e spendere il denaro in beni prima che diventino ancora più costosi. Ma questa non è una scelta popolare tra i consumatori, che preferiscono invece risparmiare di più per essere più preparati all'aumento dei prezzi. Quindi, mentre la spesa per i bisogni primari probabilmente salirà o scenderà con i prezzi e rimarrà più o meno costante in termini reali, la spesa discrezionale sarà colpita. Se i prezzi scenderanno più velocemente di quanto i consumatori si aspettino, potremmo assistere a un po' di spese folli da parte di coloro che sono riusciti ad accumulare risparmi in vista di un aumento dei prezzi che non è mai arrivato. Ma è improbabile che questo influisca sul quadro generale.

Il quadro nazionale appare allarmante: nonostante i 16 milioni di italiani in viaggio le stime di spesa sono calate ovunque, gli stabilimenti balneari non hanno registrato il tutto esaurito e i costi folli hanno costretto i vacanzieri a qualche gita fuori porto in meno. Avete notato affacciandovi dalla vostra finestra di casa quanti dei vostri vicini sono rientrati la sera del ferragosto? La gente è preoccupata e non riuscendo a risparmiare tende a ridurre le spese: il risveglio dopo le vacanze potrebbe essere davvero negativo. Settembre sarà il mese del ritorno alla realtà per molti.

La distruzione industriale ci salverà dai cambiamenti climatici?

Improvvisamente alcuni campanelli d'allarme per l'inflazione sono tornati a suonare. I prezzi dell'energia e dei generi alimentari sono sotto pressione, così come le aspettative di inflazione del mercato: il quadro è abbastanza preoccupante per i titoli obbligazionari. Sebbene le aste per Bot e Btp continuano a registrare numeri interessanti, siamo ben lontani dalle prime emissioni dello stesso periodo del 2022 e di inizio 2023. Coda minima, praticamente nulla, esecuzione quasi immediata con offerta indiretta elevata e copertura ragionevole.

In Germania la situazione è pressoché la stessa, con i Bund che hanno subito un moderato ribasso rispetto agli swap in seguito all'opinione di un funzionario dell'ICMA secondo cui la Bce non seguirà l'esempio della Bundesbank tagliando allo 0% la remunerazione dei depositi governativi presso la banca centrale. Ciò significherebbe che a partire da Ottobre, solo i 50 miliardi di euro depositati presso la Bundesbank subirebbero un impatto, ma non i restanti circa 200 miliardi di euro presso le altre banche centrali nazionali. Fino ad Ottobre, l'impatto effettivo delle modifiche della Bundesbank rimarrà una fonte di incertezza e probabilmente manterrà elevati gli spread degli asset swap sui Bund, ma a contrastare i timori di scarsità di collaterale ci sono l'inasprimento quantitativo in corso da parte della Banca Centrale Europea, accelerato il mese scorso, e la prospettiva di un'emissione superiore alle attese da parte della stessa Germania. A questo proposito, il governo tedesco ha annunciato ieri l'aumento del fondo per il clima da 30 miliardi di euro a 212 miliardi di euro dal 2024 al 2027.



Europa e Stati Uniti hanno iniziato una lenta ma graduale riduzione delle emissioni mentre la Cina è a livelli record | Our World in Data


In effetti, si è detto che l'aumento dei costi energetici renderà Federal Reserve e Banca Centrale Europea più inclini a rialzare i tassi, poiché spingerà l'inflazione con un aumento dei costi potenzialmente trasferito su altre componenti, come la logistica e le tariffe aeree. Tuttavia non sono così preoccupato in quanto l'aumento dei prezzi dell'energia può avere un effetto disinflazionistico anche altrove, essendo considerato alla stregua di una tassa. Non si può evitare di fare il pieno di benzina alla propria auto e non si può non riscaldare la propria casa, quindi di fatto significa che alla fine della giornata si hanno meno soldi da spendere in altri beni e servizi. Questo danneggerà l'attività economica e di fatto intensificherà la disinflazione in altre componenti nel tempo. Per questo motivo, le banche centrali osserveranno e aspetteranno di vedere cosa succederà, piuttosto che agire in modo impulsivo.

Cash is King

Un altro motivo di agitazione per l’Europa è l’entrata in recessione di uno stato virtuoso: l’Olanda. Nel secondo trimestre del 2023 il PIL olandese ha subito una contrazione del -0,3% rispetto al primo trimestre. Questo dato segue la contrazione registrata nei primi tre mesi dell'anno, il che significa che i Paesi Bassi si trovano in una «recessione tecnica». La contrazione è stata determinata principalmente dal calo del commercio internazionale e dei consumi delle famiglie. Nel secondo trimestre del 2023 il PIL olandese si è contratto del -0,3% su base trimestrale, dopo una contrazione del -0,4% tra Gennaio e Marzo. Le ragioni principali della contrazione trimestre su trimestre sono state il calo delle esportazioni di beni, la diminuzione dei consumi delle famiglie e l'aumento delle importazioni. I consumatori olandesi hanno acquistato meno all'estero e, contro le aspettative, hanno ridotto anche il consumo di servizi interni. Allo stesso tempo, anche il consumo di prodotti alimentari, bevande e tabacco è diminuito, in linea con le previsioni. Detto questo, sicuramente non mi preoccupa minimamente che un paese così piccolo e poco rilevante in termini economici possa condizionare l’andamento dell’Eurozona. E’ soltanto un dato in più che va ad aggiungersi alla recessione tedesca e ai venti recessivi che soffiano sull’Italia.



Confronto dell’inflazione negli Stati Uniti dal 66 all’82 vs. 2013 ad oggi: il ritmo attuale potrebbe ripetersi | Bloomberg


Ma quindi con le obbligazioni che non valorizzano gli investimenti, conti deposito che continuano a pagare molto poco, fondi indicizzati in profondo rosso che stanno ancora smaltendo la sbornia del 2022, la domanda è lecita: dove mettere i soldi? La risposta è presto detta: da nessuna parte. Se è vero che la storia si ripete, è pur vero che questo quasi mai rappresenta un pattern identico, bensì identifica un ritmo. Così come successe durante la pandemia con un calo dei contagi e poi un onda più alta, è probabile (non certo) che l’inflazione torni a bussare alle porte nei prossimi anni, così come si aspetta la maggior parte dei consumatori.



Inflazione area Euro al 5,3% a Luglio, in calo dal 5,5% di Giugno | Eurostat


Per evitare di erodere il proprio potere di acquisto, molti si rifugiano in titoli di stato, facendo il classico errore di guardare il dito e non la luna. Fare incetta di titoli a lunga scadenza (2051-2072) per incassare cedole esigue aspettandosi presto condizioni peggiori di queste è un gioco perdente. Se la storia ha un peso (e lo ha) questo è il momento di pagare la tassa dell’inflazione sui propri conti correnti in attesa del grande movimento che può davvero ripagare di tutti gli sforzi con rendimenti a doppia, in alcuni casi a tripla cifra. La liquidità tornerà a farla da padrone per i prossimi anni e lasciar andare qualche profitto per poi prendersi tutto è una mossa scaltra. Chi si accontenta gode, così così.


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