MT71: Scomode verità


In questi tempi così incerti, può capitare a volte in una calda domenica d’estate che “possa cambiare il mondo”. Stavolta forse c’è mancato davvero poco e mi riferisco all’incredibile weekend scorso in Russia con la ribellione di Prigozhin arrivata a minacciare Mosca per poi finire in una bolla di sapone. Ho letto tanto, ho ascoltato tutti e cercato di trarre delle conclusioni sensate ma se dicessi che ci ho capito qualcosa, mentirei. La verità come in tutte le cose starà nel mezzo, al netto di complottismi e propaganda spinta da una parte e dell’altra per trarre i soliti vantaggi davanti agli occhi meno attenti della massa. Qui sinceramente rimane davvero un mistero capire chi si è avvantaggiato su chi, essendo una questione prettamente interna. C’è chi lodava Putin per “aver sedato la rivolta” mentre dall’altra parte si poneva in risalto “la facilità con cui si muoveva la Wagner” all’interno del territorio. L'impressione è che Prigozhin avesse contato su un maggior coinvolgimento delle truppe russe, che invece sono rimaste fedeli a Putin (fedeltà o paura di ritorsioni?). D’altro canto, il presidente russo però vede la sua immagine scalfita: una colonia di mercenari che si muove indisturbata a poche centinaia di chilometri da Mosca fa davvero capire che la grande armata russa probabilmente è dilaniata nello spirito e decimata nei numeri.



Prigozhin la scorsa settimana durante uno dei suoi audio/video su Telegram


La Russia storicamente si è servita di gruppi di mercenari super addestrati nei suoi paesi satellite per compensare e integrare le falle interne: è così che sta portando avanti anche la cosiddetta “operazione speciale” in Ucraina. Quando si tratta di schierare uomini sui fronti e si è incapaci di coordinare su un perimetro interno come sta avvenendo da un anno a questa parte, è evidente che i numeri che si sentono in giro sono reali sono nella testa di quelli che credono ancora all’esistenza dell’armata Brancaleone. I mezzi messi in campo sono antiquati, gli uomini per la maggior parte mal addestrati e con scarsi rifornimenti. Vi consiglio la lettura di Limes, un giornale italiano specializzato in geopolitica e soprattutto non-schierato come la maggior parte di quello che sentite in giro dove è possibile recuperare numeri verosimili sull’attuale situazione in campo. C’è poca competenza e tanta propaganda qua e là nell’Internet.



Vladimir Putin recentemente fotografato durante il suo intervento pubblico


Resta da capire che tipo di reazione metterà in atto il Cremlino. Sembra improbabile che Prigozhin possa contare su un perdono totale. A mio parere risulta evidente che la questione interna è l’ennesima dimostrazione della sottovalutazione strategica da parte di Putin di questa campagna iniziata quasi un anno e mezzo fa. In termini pratici, non ha ottenuto quasi niente da un punto di vista territoriale e adesso si trova chiuso praticamente qualunque sbocco economico da e verso l’occidente. Ultimo e non ultimo è la storia del fallimento del 90% degli ETF russi quotati sui mercati mondiali con il conseguente de-listing di tutte le aziende che lavoravano attivamente in Europa. Seppur un giorno si arrivi ad una pace tanto sperata, pragmaticamente credo che il prezzo pagato non varrà lo sforzo profuso e le conseguenze supportate in termini di fatica, di uomini lasciati sul campo e di benefici economici. In futuro, avrei voglia di scrivere un articolo qui su Macro Talk parlando in maniera dettagliata degli impatti di questa guerra sull’economia Russa e di conseguenza anche sull’Europa. Vi anticipo già il finale: ci perdono tutti.

La Germania rallenta mentre l’indice DAX rimane in alto: chi mente?

Se Atene piange Sparta non ride. E così che sintetizzo quello che sta avvenendo in Europa dal punto di vista economico. La Germania, locomotiva d’Europa, continua a segnalare debolezza per il secondo mese consecutivo, come rilevato dall’indice Ifo. Il rimbalzo dell’economia tedesca sembra essere finito prima di cominciare per davvero. Tendenzialmente non amo gli indicatori economici ma a questo qui (l’Ifo, ndr) pongo particolare attenzione perchè è uno dei pochi indici anticipatori: l’indebolimento dell’economia cinese, la recessione negli Stati Uniti e l’inasprimento delle politiche monetarie da parte di Federal Reserve e Bce sembrano pesare sul sentimento delle imprese tedesche.



L'indice Ifo tedesco è peggiorato notevolmente a Giugno | Ifo Institute


La sensazione è che la Germania sia destinata ad un lungo periodo di crescita modesta o pari a zero, e questo potrebbe contagiare di conseguenza tutti gli altri stati del vecchio continente, a partire dalla Francia fino all’Italia che forse è quella messa meglio, o meno peggio, dipende dai punti di vista. L’indice tedesco nel frattempo, imperterrito continua a macinare, seppur accusando una lieve flessione nelle ultime settimane. L’economia green che stenta a decollare e l’inizio dei cattivi pensieri riguardo allo stoccaggio di riserve energetiche per l’inverno, riportano la mente ad un anno fa dove soltanto un inverno mite ha scongiurato il peggio. Nel prossimo episodio parlerò di questo tema a cui già sto lavorando da un pò: Greta Thunberg scansate!



Alcuni dei principali settori in Germania ora segnalano il calo dei prezzi di vendita | Steno Research


L’ottimismo del primo semestre sembra aver lasciato il posto ad un maggior senso delle realtà. Il calo del potere d’acquisto e la diminuzione degli ordini industriali sta iniziando a farsi sentire. Sinceramente non comprendo come il settore Automotive sia ancora in piedi a trainare il rialzo. Gli ordinativi di nuove auto hanno una tabella di marcia indicativa di consegna di 12-15 mesi con rincari che variano dal 20 al 30% rispetto solo ad un anno fa. La vendita dell’usato è ai massimi storici e i costi delle parti di ricambio è alle stelle. Tutti questi fattori uniti al restringimento creditizio dovrebbero far collassare un settore che ormai si regge in piedi soltanto per gli incentivi green, che ricordiamo per onor di cronaca sono soldi pubblici che gravano sulle teste di cittadini ignari. Un cane che si morde la coda. Detto questo, rimango perplesso su come determinati settori possano continuare a trainare la parte value del listino teutonico, vista la deludente lettura dei dati che suggerisce che la sperata ripresa dell'economia tedesca non è altro che una speranza. L'ottimismo sta svanendo e l'economia deve affrontare nuovi problemi di crescita: non sto dicendo che entreremo diretti in stagnazione per i prossimi anni ma che le sfide che abbiamo avanti sono davvero complicate da superare, soprattutto nel breve termine. Un Q3 di ritorno alla realtà sui mercati e indebolimento economico è un ipotesi assai probabile in Europa e in linea con la struttura ciclica annuale.

Gli “scarica-barile”

I banchieri centrali recentemente, che si tratti della Banca canadese, di quella d'Inghilterra, Neozelandese o Svizzera, hanno dichiarato una pausa o la fine del ciclo di rialzi. Dal consueto meeting da Sintra, Powell e Lagarde sono stati costretti a tornare indietro nella retorica comunicativa e “minacciano” di alzare ancora i tassi in modo aggressivo per contrastare il mercato del lavoro e altri indicatori in ritardo rispetto al ciclo economico. Se si ascoltano alcuni di questi sterili personaggi, si può avere un'idea del pensiero di queste élite e iniziare a capire quanto questi funzionari siano davvero fuori dal mondo. Molti di loro danno la colpa al rallentamento economico a questo fastidioso problema dell'inflazione, dimenticando le azioni intraprese in pandemia e le dichiarazioni di incredulità verso il tema dell’aumento sconsiderato dei prezzi. Non hanno minimamente considerato la spesa fiscale e monetaria infinita come un'impennata della domanda mentre l'offerta rimaneva stabile. Dove hanno studiato economia? Al Cepu?



Sulla base del modello ECB la possibilità di una recessione nei prossimi 12 mesi è schizzata a oltre il 95% | MacroMicro


Non è un concetto complicato da comprendere. Diciamo che 2 anni fa pagavate 700 euro di affitto e ora, a causa dell'inflazione, il vostro affitto è salito a 1.000 euro al mese. Questi aumenti di prezzo non scenderanno automaticamente. Le maggiori spese mensili delle famiglie medie sono l'abitazione (mutuo o affitto), manutenzione o canone dell'auto e le bollette. Anche un modesto aumento del 3-5% annuo di questi costi può mantenere l'inflazione nel suo complesso per gli anni a venire, a meno che non si assista a un drastico reset dei prezzi, che non vedo all’orizzonte.

Il mercato nel 2022 è stato molto particolare, nel senso che abbiamo osservato un netto calo dei prezzi delle azioni, con alcuni titoli che hanno perso oltre l'80% e il mercato generale che ha perso tra il 30 e il 40%, recuperando nella parte finale. La maggioranza dei portafogli in Etf o fondi costruiti è stata e rimane tutt’ora in perdita o leggermente in positivo, mentre ci apprestiamo a chiudere un semestre da record. Questo è un qualcosa su cui bisogna riflettere. La diversificazione in questa fase di mercato non sta pagando e questo trend potrebbe durare per i prossimi anni. Concentrare anziché diversificare potrebbe essere un consiglio finanziario valido ma che nessuno dei consulenti che conoscete vi dirà, semplicemente perchè non lo sanno. Non lo immaginano e cosa più grave non lo capiscono.



I mercati finanziari non rappresentano più l’economia: 7 titoli muovono il 50% dell’indice tecnologico Nasdaq | Genuine Impact


Gli alti tassi ipotecari stanno scoraggiando gli acquirenti e se l’élite dei banchieri centrali continueranno con questo atteggiamento “snob”, non credo che andremo molto lontano. La Federal Reserve ha impiegato più di un anno e mezzo per entrare in maniera impattante nel circolo economico ed è facile pensare che non né uscirà con la stessa velocità con cui l’economia ne abbia bisogno. Per non parlare della Banca Centrale Europea, che della lentezza e della sua fama da bradipo ha costruito la sua reputazione. Il mercato del lavoro negli Stati Uniti come in Europa è monitorato con attenzione per capire quale sarà il momento giusto per iniziare a tagliare.

La domanda non è più se ma quando. La liquidità ha ripreso a deteriorarsi dopo le emissioni record dei vari governi (tra cui quello italiano): si stima che le riserve per Fed e Bce si contrarranno tra 500 e 800 miliardi nei prossimi 6 mesi con un probabile impatto negativo sulle valutazioni azionarie, in particolare sul settore bancario. Il sostegno fiscale degli ultimi anni è stato molto elevato ed è probabile che raggiunga il picco nei prossimi mesi: quest’altro parametro potrebbe causare una contrazione del PIL nei prossimi 6-12 mesi. Giugno si annuncia un mese da +6% per l'S&P500, a chiusura di un semestre da +15%. La statistica segnala che gli anni caratterizzati da una prima metà forte solitamente risultano positivi anche per la seconda parte. L'obiezione è la solita: abbiamo i tassi che sono saliti di 500 punti basi in 15 mesi, il bilancio Federal Reserve che cala, i margini sui massimi e le curve invertite a livelli record. Inoltre i multipli di una parte rilevante del mercato sono a livelli stratosferici, e il premio al rischio dell'equity non è stato così basso da oltre un decennio. Quanto possiamo tirare la corda?

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