MT63: La corsa agli sportelli
“Il sistema bancario statunitense è solido e resistente" — Jerome Powell
Alla fine dello scorso anno ho sempre pensato in maniera ottimistica al 2023. Dopo un primo trimestre all’arrembaggio, vedo segnali di stanca all’orizzonte mischiati con una grande quantità di indicatori che giustificano un cambiamento di posizionamento più difensivo in ottica di medio periodo. Uno dei market mover più importanti che ho evidenziato quest’anno è la liquidità, la stessa che si sta esaurendo negli Stati Uniti e in Europa. La settimana appena trascorsa non ha risolto i dubbi che avevo ma annebbiato ulteriormente il quadro circostante. L'inflazione dell'Eurozona ha sorpreso al rialzo e si è attestata al 7% su base annua in Aprile, dal 6,9% di Marzo. L'inflazione core è scesa marginalmente al 5,6%, dal 5,7% di Marzo. L'aumento inatteso è il risultato di un rimbalzo dell'inflazione dei prezzi dell'energia, dopo il forte effetto base negativo di Marzo, e di un leggero aumento dell'inflazione dei prezzi dei servizi.
L’inflazione in Eurozona è salita al 7% | Trading Economics
In prospettiva, l'andamento dell'inflazione nell'Eurozona sarà determinato da due forze piuttosto opposte: da un lato, gli effetti base negativi sui prezzi dell'energia e dei prodotti alimentari e il calo delle aspettative sui prezzi di vendita nell'industria sono a favore di un ulteriore calo dell'inflazione complessiva; dall'altro lato, le aspettative ancora elevate sui prezzi di vendita dei servizi e gli aumenti salariali alimenteranno probabilmente le pressioni inflazionistiche di fondo. Di conseguenza, mi aspetto che l'inflazione complessiva continui a scendere, mentre l'inflazione di fondo rimarrà stabile.
In Italia, sorprendentemente dopo quattro cali consecutivi, l'inflazione complessiva è sorprendentemente aumentata ad Aprile all'8,3% su base annua (dal 7,6% di Marzo), secondo la stima preliminare diffusa dall'Istat. Ancora una volta, il motore è stato l'inflazione energetica, che questa volta ha spinto al rialzo, cosa che sinceramente avevo sottovalutato e forse anche i mercati.
L’inflazione in Italia riprende a salire | Trading Economics
Nel complesso i dati dell’Istat confermano che il processo disinflazionistico non è lineare, con un profilo condizionato da effetti base determinati dalla tempistica delle passate azioni amministrative (dei precedenti governi, ndr) sui prezzi dell'energia che ho più volte ricordato negli appuntamenti passati. Come effetto collaterale, questo aggiunge così tanto rumore ai dati che i confronti a breve termine tra i Paesi sono quasi inutili. Inoltre, l'effetto iniziale della riapertura sui prezzi di alcuni servizi si sta rivelando più difficile del previsto. Detto questo, il percorso verso un'ulteriore decelerazione dell'inflazione rimane solido. I prezzi alla produzione stanno rallentando bruscamente e le intenzioni di determinazione dei prezzi riportate dalle indagini congiunturali si sono ultimamente estese dal settore manifatturiero a quello dei servizi. In linea di principio, questa è una buona notizia per l'andamento dell'inflazione di fondo, ma con tassi alti per tanto tempo il rischio recessione dura è molto alto.
I mercati scommettono short mentre la Fed continua i rialzi
Le posizioni nette short cosiddette “non-commercials” sull'S&P500 sono su livelli mai visti prima. Si noti che questa è solo una misura e non racconta l'intera storia, poiché probabilmente ci sono diverse posizioni di compensazione che "neutralizzano" le vendite. Perchè così tanta negatività mentre i mercati continuano la loro folle corsa nel 2023?
Gli hedge fund hanno aperto la più grande posizione corta sull’S&P500 da oltre un decennio | Bloomberg
Nell’ultimo articolo ho ricordato con enfasi il detto “Sell In May” ossia vendi a Maggio. Aldilà dei soliti ottimisti per natura, è una strategia che nel lungo periodo ha quasi sempre pagato. È noto a tutti gli operatori del settore che l'investimento azionario è uno sport invernale. I rendimenti medi sono più deboli da Maggio a Ottobre e anche quest'anno trovo motivi per usare questo detto, dato che i fondamentali macro hanno iniziato a indebolirsi a tal punto da far sembrare esaurito il rally dei mercati azionari in Occidente. La liquidità, il market mover del 2023, si sta esaurendo in tutto il mondo tranne che in Cina, quindi sarebbe intelligente tenere in considerazione qualche buon Etf sui mercati emergenti e nel Real Estate cinese, massacrato negli ultimi mesi (ricorda, questo non è un consiglio d’investimento!).
Tornando alla parte democraticizzata del mondo, JP Morgan nello scorso fine settimana si è fatto carico di tutti i depositi detenuti da First Republic Bank, dopo che l'istituto di credito in difficoltà è stato rilevato dalle autorità di regolamentazione statunitensi. La risoluzione è arrivata dopo l'asta d'emergenza del fine settimana, in cui è stato chiesto alle banche di presentare offerte. JPM, la più grande banca del Paese, aveva il vantaggio di quello che l'amministratore delegato Jamie Dimon chiama “il suo bilancio fortificato”, ossia garanzie dello stato sui debiti e ottima opportunità di acquisizione a basso costo dei crediti. E così è stato. Tutto risolto? Altro che! Il contagio è continuato e come al solito Wall Street è andata a caccia del prossimo pollo da spennare, accanendosi con le banche regionali come già accaduto in Europa (in Germania con DB) e in Svizzera (con Credit Suisse).
La perdita totale di capitalizzazione di mercato del settore bancario statunitense ha appena superato i 2,5 trilioni di dollari | TKL
Ma veniamo a uno dei momenti chiave della settimana: le decisioni di politica monetaria della Federal Reserve e le parole del presidente Jerome Powell. Nella riunione di Mercoledì 3 Maggio la Fed ha aumentato i tassi di interesse di 25 punti base e ha segnalato che la soglia per giustificare futuri aumenti dei tassi è ora più alta di prima. Con il rapido inasprimento delle condizioni di prestito sulla scia delle recenti tensioni bancarie, ritengo che questo segnerà il picco per i tassi d'interesse, con le forze recessive destinate a spingere i tagli dei tassi d'interesse nel corso dell'anno. Anche se le domande degli opinionisti sono state incalzanti e Don Jerome è apparso stanco e scocciato, i mercati non credono più alla sua retorica. Usare il termine “the bank run” è una di quelle cose da non fare mai, eppure lo ha fatto. I dot plot del consiglio hanno raccolto l’unanimità nella scelta dell’aumento, ma certificato visioni discordanti sui prossimi passi da intraprendere per il futuro.
Non si può dire che la Federal Reserve abbia abbandonato completamente il suo orientamento restrittivo, ma la dichiarazione è più equilibrata rispetto a quella di Marzo. Nella conferenza stampa si parla della possibilità di una pausa in una prossima riunione, ma Powell suggerisce anche che il Comitato è "pronto a fare altri aumenti dei tassi se necessario”. In ogni caso, il cambiamento di linguaggio (come ha sottolineato uno stizzito Jerome), con l'omissione di "qualche ulteriore inasprimento delle politiche potrebbe essere appropriato", è importante e segnala che l'asticella per giustificare i futuri rialzi dei tassi è ora più alta.
Punto Chiave — Storicamente, la Fed non lascia passare molto tempo prima di tagliare i tassi: negli ultimi 50 anni il periodo medio di tempo tra l'ultimo ciclo di rialzo dei tassi e il primo taglio è stato di soli sei mesi. Ciò implica che se Maggio è effettivamente l'ultimo rialzo dei tassi in un ciclo tipico, dovremmo aspettarci un taglio intorno a Novembre.
Dagli anni ‘50 in poi, la Fed ha quasi sempre abbassato i tassi velocemente | Fred St. Louis
Piuttosto sorprendentemente, il presidente della Fed Powell ha affermato che le condizioni bancarie sono "ampiamente migliorate" da Marzo, quando sono fallite la Silicon Valley Bank e la Signature Bank. Sembra un po' strano, visto quello che è successo alla First Republic negli ultimi giorni. Ciononostante, la dichiarazione riconosce che "le condizioni di credito più rigide per le famiglie e le imprese probabilmente peseranno sull'attività economica, sulle assunzioni e sull'inflazione". L'ultimo punto sull'inflazione è fondamentale. A questo punto sospetto che la mia previsione fatta nei precedenti episodi di Macro Talk sia accurata: non ci saranno cambiamenti fino alla fine dell'anno, mentre la Fed potrebbe prevedere tagli di 75-100 punti base tra la fine dell’anno (in caso di recessione dura) o per l’inizio del prossimo.
La Federal Reserve dice che non taglierà, i mercati finanziari prezzano 100 punti base in meno rispetto a quelli attuali: chi mente?
La BCE entra nella fase finale del ciclo di inasprimento
Nell'ultimo anno l'inflazione nell'Eurozona nata come un problema di offerta è diventata un problema di domanda. Questo è un chiaro invito alla Bce a continuare ad aumentare i tassi di interesse. Mentre una banca centrale può fare ben poco per abbassare i prezzi del petrolio o per fermare una guerra, può fare molto per evitare che troppi soldi vadano a caccia di pochi beni: ridurre la domanda. E questo è esattamente ciò che la Bce continuerà a fare. Almeno così ha lasciato trapelare Christine Lagarde Giovedì durante il meeting a Francoforte. Anche se l'inflazione complessiva è scesa e scenderà ancora, non è ancora il momento del sollievo. La Bce non vuole ripetere l'errore precedente di sottovalutare l'inflazione e sarà quindi disposta a spingersi oltre, anche se alla fine si rivelerà un errore politico, cosa assai probabile. Al momento infatti i rischi si sono concentrati soltanto sull’inflazione, il che in base al mandato unico della banca centrale è anche giusto, ma questo potrebbe deteriorare e di tanto l’economia. La Bce come sua natura è fa l’opposto di quello che andrebbe fatto per evitare un rischio stagflazione: accelera in curva e rallenta in salita. E così arriviamo alla decisione del consiglio direttivo:
La Banca Centrale Europea ha aumentato il tasso di interesse di 25 punti base
La BCE alza ancora i tassi portandoli al livello più alto dal 2008 | BCE
La Bce è entrata nella fase finale del suo ciclo di rialzo dei tassi. Come previsto, ha aumentato i tassi di interesse principali dello 0,25%, portando il tasso sui depositi al 3,25%. Dal Luglio dello scorso anno, la Bce ha aumentato i tassi di interesse in ogni singola riunione politica: si tratta di gran lunga del ciclo di inasprimento della politica monetaria più aggressivo dall'inizio dell'unione monetaria. Sebbene il rialzo odierno sia il settimo di fila, è il più contenuto dell'attuale ciclo, il che suggerisce che siamo entrati nella fase finale di questo inasprimento. Sebbene i dati recenti abbiano confermato che le pressioni inflazionistiche sottostanti sono più forti del previsto, la debole crescita del credito e gli ultimi risultati dell'indagine sui prestiti bancari hanno indicato che i rialzi dei tassi finora hanno lasciato segni evidenti sull'economia. E questi effetti sono stati più forti e si sono materializzati più rapidamente di quanto probabilmente la Bce si aspettasse. In effetti, ai livelli attuali e dato l'impatto ritardato dell'inasprimento della politica monetaria sia nell'Eurozona che negli Stati Uniti, è alto il rischio che ogni singolo rialzo dei tassi da qui in poi possa rivelarsi un errore politico più avanti nel tempo.
La conferenza stampa successiva allo statement è stata a mio parere una svolta dovish (colomba) ossia più accomodante e verso un rallentamento della corsa ai rialzi dei tassi. Alcune parole sono state confuse e molti report segnalano virgolettati che riportano parole del tipo “siamo aperti a nuovi rialzi e la strada non è finita”. La retorica delle banche centrali ormai è come un buon bicchiere di vino: lo assapori davvero soltanto dopo averlo bevuto. Allo stesso tempo Lagarde ha annunciato che i reinvestimenti del suo programma di acquisto di asset (APP) saranno interrotti a Luglio, “un Quantitative Tightening versione light” di 25 miliardi di euro. Questo potrebbe essere il preludio ad un definitivo pivot che potrebbe protrarsi fino alla fine dell’anno.
Christine Lagarde durante la conferenza stampa di Giovedì 5 Maggio
“Il lavoro non è ancora finito”. Questo è stato l’altro pilastro su cui la Bce ha costruito la sua retorica per questo giro. Più la conferenza stampa si protraeva, più la Lagarde sembrava sottolineare la necessità di ulteriori rialzi dei tassi e suonava sempre più da falco. In tutta onestà, quello che era iniziato come un chiaro messaggio di un approccio basato sulle riunioni e sulla dipendenza dai dati si è concluso con più domande che risposte. Anche questa volta il fenicottero non si è dimostrata degna di tener testa nel ruolo di presidente di una banca centrale, come solo il vecchio Draghi era capace fare. Forse questo era solo un segno del fatto che la Bce è sempre più divisa sul da farsi, o forse chissà quale altro diavolo frugava nella testa di Christine. Ripeto il concetto su cui voglio farvi riflettere: il rischio attuale è che ogni singolo rialzo dei tassi da qui in poi possa rivelarsi un errore politico, prolungato nel tempo.
In conclusione, con la decisione odierna la Banca Centrale Europea è chiaramente entrata nella fase finale del suo ciclo di inasprimento e il picco dei tassi di interesse potrebbe essere più vicino di quanto Lagarde abbia cercato di far credere ai mercati durante la conferenza stampa. La verità è che nessuno più ormai crede alle banche centrali e la corsa agli sportelli, il “bank run” annunciato da Jerome Powell è soltanto iniziato.
Al prossimo articolo!