MT42: Banche centrali sotto l’albero

 


Tutto ha una fine e tutto un inizio. Il popolo ha parlato. Dopo aver raccolto tante testimonianze spesso oscurate dal regime cinese, delle proteste che infiammavano nelle città, i cinesi con una lunga e travagliata lotta alla fine ce l’hanno fatta. I cordoni e le barricate create ad arte dal partito comunista cinese che impedivano di far trapelare qualunque notizia che non sia stata prima filtrata dall’intransigente informazione di regime, ecco che arriva il capolinea. Tre anni di screening e controllo completo della popolazione sono sfociati negli ultimi fatti che hanno definitivamente allontanato l’approccio Covid Zero da tempo adottato. Così le autorità cinesi hanno alleggerito i requisiti per il test nelle principali città, mentre Pechino ha progettato un graduale allontanamento dalla sua rigida politica, in seguito all'aumento dei casi e alle proteste pubbliche.




L’indice tecnologico dell’Hang Seng di Hong Kong | ZeroHedge


I mercati finanziari hanno enormemente beneficiato di questi allentamenti. L’ultima settimana che ci lasciamo alle spalle è stata attraversata da incrementi giornalieri tra il 2 e il 3% di media. In chiusura i guadagni si sono poi affievoliti a causa dell'indebolimento dei dati sul commercio cinese. Adesso la Cina si trova di fronte a un compito arduo dopo aver improvvisamente rinunciato alla politica Covid Zero, con un'impennata delle infezioni e una previsione di 2 milioni di morti. Adesso non contano più le persone? Conta solo rientrare in un mercato globale che si sta organizzando senza la Cina? Risposta affermativa. Ecco qual’è la vera preoccupazione di Xi e compagni. Il risultato sarà che l'accettazione del Covid da parte della Cina sarà come mai il mondo ha visto nella pandemia. Il risveglio per l’economia del dragone sarà molto doloroso e niente sarà come prima se le economie occidentali proveranno seriamente a combatterla ed accantonarla.

Perchè i mercati sono euforici?

Quelli bravi dicono che “i veri mercati sono quelli obbligazionari”. Non ho molte conoscenze in tal senso, essendomi approcciato soltanto in parte marginale con il mio lavoro al domestico BTP e Bund future, ma ne riconosco il potere predittivo. A leggere i numeri degli analisti, il mercato obbligazionario sta valutando al massimo una probabilità del 40% di una vera e propria recessione. Questo potrebbe essere il vero motivo di euforia dei mercati finanziari, così resilienti nel prendere atto dello scenario circostante. I bonds sono stati davvero l'indicatore principale durante questo mercato ribassista. Abbiamo visto le obbligazioni essere schiacciate quando la Fed ha alzato i tassi. Adesso invece, i mercati obbligazionari hanno iniziato a fare trading come se la Federal Reserve avesse invertito la rotta più di un mese fa. Il famoso pivot è già scontato ma bisogna stare attenti perchè poi dopo arriva la recessione e poi la deflazione.



Negli ultimi 30 anni, in una recessione media, la Fed finisce per tagliare i tassi di quasi 400 punti base. E nei primi 12 mesi si verificano 300 bps di tagli | The Macro Compass


Secondo uno studio di Goldman Sachs, gli investitori professionali che gestiscono un totale di 5.000 miliardi di dollari stanno scommettendo sulla possibilità di evitare una recessione. Queste posizioni equivalgono a scommesse sulla possibilità che la Federal Reserve riesca a domare l'inflazione senza creare una recessione, spesso definita un atterraggio morbido dell'economia. Secondo GS, le attuali inclinazioni settoriali sono coerenti con il posizionamento per un atterraggio morbido. Tuttavia, la precarietà di tali scommesse è stata messa in mostra nei giorni scorsi, quando i forti dati sul settore del lavoro e dei servizi degli Stati Uniti hanno spinto a speculare sul fatto che la Fed dovrà mantenere le sue politiche aggressive, aumentando i rischi di un errore politico. Sinceramente non mi fido delle analisi predittive di GS, Morgan Stanley, Black Rock e via discorrendo: le loro analisi statisticamente fanno contrasto con quello che poi è realmente successo. Riporto queste analisi perchè è giusto prendere atto di cosa dicono le mani forti ma occhio a farsi strane idee: se Wall Street è il luogo delle menzogne, gli uffici delle case di brokeraggio non sono da meno. Il gioco dei mercati finanziari è spesso il contrario di quello che ci vogliono mostrare.



Stime degli utili in caso di recessione | Goldman Sachs


Quello che mi sembra alquanto evidente è che, al netto di un eventuale rally natalizio (a cui stento a credere visto il movimento recente di upside), prima o poi le borse dovranno confrontarsi con il tema utili: le stime degli analisti sullo S&P500 nel 2023 sono scese dell'8% rispetto al picco di Aprile. Questo spiega la maggior parte del motivo per cui l'S&P 500 è sceso dell'11% finora, anche se poco rispetto a tutte le catastrofi che si sono abbattute quest’anno e con le tempeste che si scorgono all’orizzonte. La speranza, tuttavia, continua ad essere eterna.

Punto e a capo

E se quello che abbiamo vissuto tra Settembre e Ottobre non fosse il minimo storico? Il mercato orso (ribassista) mediamente dura circa un anno e mezzo, con un drawdown medio del 34% e nessuna delle due situazioni si è verificata finora. Questo farebbe pensare a nuovi minimi nel 2023 ma attenzione a guardare troppo in avanti: Dicembre è un mese cruciale per i mercati checché se ne dica con la storia della liquidità, delle vacanze, del sole, della neve e del vento. Qui si decide quello che sarà nel 2023 e i dati in nostro possesso sembrano virare al ribasso.




Rimesse settimanali della Fed al Tesoro statunitense. Probabilmente il grafico macro più sottovalutato in questo momento | Federal Reserve


L’outlook per il 2023 delle principali banche d’affari è improntato verso la cautela con un aumento del rischio di recessione e una potenziale volatilità del mercato. Tuttavia se ipotizziamo una ripresa nella seconda parte dell’anno la possiamo immaginare in particolare nel settore tecnologico e nei mercati emergenti. I minimi del 2022 potrebbero essere ritestati a Wall Street così come in Europa che si è mostrata molto più resiliente in questa ultima parte dell’anno. Le scadenze tecniche, quelle cicliche e un calendario macro-economico davvero esplosivo la faranno da padrone.



Dalla crisi del 2008 in poi i mercati sono rimasti assuefatti alla bolla di liquidità | Sven Henrich


Volente o nolente, sarà la Federal Reserve a indicare la strada anche alla BCE. Seppur più cauta e un passo indietro a quella americana, l’Europa si è dimostrata più bradipo nell’intervenire nei momenti di crisi e di allentare nei momenti prosperi. Avendo all’interno del proprio statuto l’unico compito di controllare l’inflazione (cosa a cui Lagarde dovrebbe dare conto) possono gestire i momenti di crisi con meno ansia e disporre della stessa potenza di fuoco in termini di interventismo (vedi PEPP, TLTRO e altre misure anti-spread). Vedremo come e se riusciranno nell’arduo compito di condurci fuori dalla spirale inflattiva senza danni.

Calendario economico della settimana

Questa settimana come anticipato sarà un vero turbinio di notizie con 2 riunioni delle banche centrali e dati sull’inflazione, ma andiamo con ordine. Si parte leggeri Lunedì 12 Dicembre con il PIL nel Regno Unito e la produzione manifatturiera. Martedì verrà la volta dell’indice dei prezzi al consumo in Germania e la rilevazione sentiment dello ZEW. Nel pomeriggio inizieranno le danze della settimana con l’IPC annuale negli Stati Uniti e primi colpi di volatilità sui mercati finanziari. Ricordiamo che l’ultimo dato causò un movimento di quasi il 4% in pochi minuti.




Mercoledì poi sarà la volta del FOMC, delle decisioni del tasso d’interesse, con ormai scontato un aumento di “soli” 50 punti base. In serata, alle 20:30 ora italiana si scatenerà il vero market mover della settimana, ossia le parole di Jerome Powell nella conferenza stampa di rito. A mio modesto parere mal interpretato dagli analisti nell’ultima riunione che ha generato un movimento euforico che stento ancora oggi a motivare, se non imputabile ad una chiara voglia di attivare meccanismi automatici e saccheggiare il mercato con tutto quello che si poteva e spingerlo su per riempire le solite tasche avide.

Giovedì 15 Dicembre vedrà la volta del vecchio continente con le decisioni sul tasso d’interesse da parte della BCE, scontato anche qui un aumento di 50 punti base, portando il costo del denaro a 2.50%. La conferenza stampa della presidente Lagarde alle 14:45 vedrà il suo apice, anche se non credo che capiremo qualcosa in più visto che qui in Europa non abbiamo la chiarezza comunicativa degli americani: alla BCE si tende ad essere più vaghi per poi poter utilizzare tutti gli strumenti senza precludersi niente. Venerdì chiuderà la settimana con l’IPC Europeo che, seppur meno importante di quello americano, segnerà un livello da cui partire per il 2023 (con un inflazione stimata dagli analisti al 10%).              




A questo punto i giochi saranno ampiamente fatti e a meno di clamorosi capovolgimenti di fronte o notizie esogene improvvise, chiuderemo l’anno in sordina sui livelli delineati post meeting Fed e Bce. Le sedute operative saranno sempre di meno e a quel punto anche i volumi lasceranno il passo in attesa del nuovo anno. Qualche giorno prima del Natale, tra il 21 e il 23 Dicembre potremo avere un ultimo colpo di coda a causa delle scadenze tecniche che investiranno tutti i mercati finanziari. Staremo a vedere dalle trincee operative quello che sarà di noi.


Al prossimo articolo!


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