MT41: Il gioco delle tre carte

 


“Ho un messaggio chiaro da darvi: nell'ambito del nostro mandato la Bce è pronta a fare tutto il necessario a preservare l'euro. E credetemi: sarà abbastanza.” — Mario Draghi

Prima carta: La Manipolazione

Non vorrei caricare eccessivamente di aspettative questa nuova lettera. Non sono un economista, ma un semplice lettore che si diletta nel recepire le notizie, studiare grafici e analizzare i dati che costantemente ci vengono sparati ogni giorno, di ogni settimana. Sono un trader e preferisco rimanere nella mia comfort zone anche se ammetto che questi sono mesi complicati. Quello a cui stiamo assistendo da alcune settimane sono delle dicotomie di cui ho parlato anche in un recente articolo di Macro Talk. I mercati finanziari e l’economia sono due cose ben distinte. A volte si avvicinano, a volte si allontanano come un onda che tocca la riva e poi torna indietro. Un vecchio detto di borsa recita così: “I mercati possono rimanere irrazionali più a lungo di quanto un investitore possa essere solvibile”. In pratica brucerai il tuo denaro prima che un titolo, una valuta, un indice, faccia il suo movimento. Dopotutto il timing è fondamentale nelle scelte di un trader.

Ma allora cosa conta davvero?

Questa è la domanda che affligge tutti quelli che si occupano di finanza, dall’assistente junior in trading room istituzionale fino all’economista pluripremiato. Ammetto la mia avversione a quest’ultima categoria, non me ne vogliano studiosi e laureati ma la sostanza è molto diversa dalla forma. I modelli che vengono applicati e studiati nelle università e sui libri di economia dovrebbero essere strappati e poi riscritti dopo ogni crash finanziario, dopo ogni intervento delle banche centrali, insomma ogni giorno c’è una nuova storia da raccontare che smentisce completamente quella precedente. Il problema dei testi sacri macro è che quello che viene studiato non è nient’altro che modelli statici, privi di un qualsiasi tipo di personalità. Un esempio che posso fare in tal senso sono le parole di Mario Draghi nel 2012 la cui ricorrenza è stata festeggiata con tono di enfasi.




Da quel momento in poi i mercati finanziari mondiali cambiarono passo. Su quale libro si prospetta un intervento, una dichiarazione fatta con questa personalità, un cambiamento di tono così imponente da rivoltare i mercati senza muovere un dito? Per onore di cronaca vi informo che negli anni successivi nulla è successo di rilevante se non la continuazione di una politica accomodante iniziata dal 2008 negli Stati Uniti e proseguita in Europa. Se fosse così facile ipotizzare inflazione su e mercati giù, credetemi (believe me, alla Mario Draghi) i soldi cadrebbero dal cielo direttamente nelle vostre tasche. Allora cos’è che spinge i mercati a rivalutare costantemente il tiro? Cosa c’è che non va o che non vediamo?

Seconda carta: I numeri dell’Eurozona

La scorsa settimana l’inflazione in Europa è stata trascinata al ribasso da Spagna (-70 punti base) e Paesi Bassi (-560 punti base), che rappresentano il 16% del totale. L'inflazione è stata più resiliente in Germania (-30 punti base) e Francia. Sapete qual è stato l’unico paese in cui l’inflazione è salita? Indovinate un po'…l’Italia!. L'inflazione core italiana è salita di 40 punti base, al 5,7%, spingendo al rialzo l’indice dei prezzi al consumo dell'euro. Tutto questo mentre i mercati finanziari continuano a salire, incuranti e manipolati da abili attori che continuano imperterriti il gioco delle tre carte.




Inflazione dal 2010 in Germania, Francia, Italia, Spagna e Olanda (fonte Twitter)


Novembre si è chiuso con un sospiro di sollievo per l’inflazione nell’Eurozona. Le stime guardavano già al ribasso: l’indice dei prezzi al consumo anno su anno di Novembre erano al 10.4% contro un 10.6% precedente. Il dato è stato confermato al 10%, uno 0.4% in meno che non ha tolto le incertezze del momento ma ha catalizzato le attenzioni della Banca Centrale Europea, alle prese dalla valutazione di innumerevoli fattori dopo l’abbandono della forward guidance. Il dato mese su mese era atteso 0.2% contro il precedente a 1.5%: anche qui è stato buono con un -0.1%. Il dato più importante e spesso più sottovalutato è quello Core anno su anno, in linea con le attese e il precedente: 5.0%.



L’indice dei prezzi al consumo dell’Eurozona in calo al 10% (fonte Trend Economics)


Inflazione core, cos’è?

Core è un termine inglese che in italiano possiamo tradurre con “nucleo”. L’inflazione core è pertanto un particolare tipo di inflazione che viene calcolata senza tenere conto dei beni soggetti a forte volatilità: dalla misura dell’aumento medio dei prezzi sono esclusi infatti i generi alimentari e i costi dell’energia. Si tratta di un indicatore utilizzato soprattutto nelle valutazioni di politica monetaria. Questo concetto è stato introdotto nel 1975 in uno studio dell’economista statunitense Robert J. Gordon e in seguito rielaborato anche da altri studiosi.



Differenze tra IPC lordo “headline” e IPC core (fonte Eurostat)


Se escludiamo infatti come è giusto fare per la core, gli energetici vediamo che il dato è diciamo umano. Un inflazione che naviga stabilmente verso i 5 punti percentuali in Europa è qualcosa che si poteva stimare anche senza la guerra tra Russia e Ucraina. Infatti il trend rialzista dei prezzi era un fenomeno in ascesa già dai tempi post-pandemia. Ecco perchè dico spesso che i fattori esogeni ai mercati finanziari sono solo dei propulsori: le risposte spesso sono già dentro i prezzi e l’analisi delle strutture cicliche sottostanti possono aiutarci in tal senso.




Il picco dell’aumento dei prezzi energetici supera il 34%. (fonte Eurostat)


I prezzi energetici hanno registrato dei profondi reverse sui listini ma ancora non visibili sulle utenze per la popolazione. I livelli raggiunti sono diminuiti di 3 volte i massimi ma il calcolo viene spalmato sulla media degli ultimi mesi; inoltre in Italia viaggiamo ancora con un conteggio che ingloba sia elettricità che il costo del gas. Il governo e tutte le istituzioni europee stanno lavorando per modificare i criteri di calcolo, aggiungere un tetto ai prezzi (il cosiddetto price cap) e ricercare fonti alternative a quelle russe. Venerdì in chiusura di giornata è emersa la notizia di un accordo tra i paesi del vecchio continente per fissare il prezzo del petrolio russo a 60 dollari al barile. Vedremo quali saranno le reazioni da parte russa che sicuramente non si faranno attendere. L’Europa è di fronte ad un’impresa ardua e non è detto che si riuscirà nel buon intento di rendere energeticamente indipendenti o almeno parzialmente i paesi fortemente esposti alle importazioni russe.

Terza carta: l’astuzia dei mercati

I mercati sono manipolati. Sembra essere la solita definizione per accusare qualcuno o qualcosa. Per chi vede complotti ovunque vi svelo un segreto: potreste avere ragione. Se credete a tutto quello che succede alla TV, durante l’uscita di una trimestrale o la stima di un dato, siete messi male. La verità è che tutto è costruito per farci sbagliare. Wall Street è una macchina mangia soldi questo è evidente e palese. La democrazia 2.0 dei mercati però utilizza un setaccio molto chiaro: allontana gli sprovveduti e gli stolti dai loro denari. I mercati finanziari sono fin dalla notte dei tempi, il luogo perfetto per fare questo. La manipolazione è evidente quando ad esempio quest’anno, all’inizio della guerra in Ucraina il giorno esatto della dichiarazione di Putin, il 24 Febbraio 2022, l’indice S&P500 segna i minimi di periodo. In un momento così drammatico per il mondo ecco che la cinicità dei mercati si sprigiona in tutta la sua forza e inizia la manipolazione.




Le manipolazioni sul dollaro americano (USD) dal 1973 ad oggi (fonte Goldman Sachs)


La domanda e l’offerta è il banco dei mercati, tutto si decide lì. I fattori esterni, gli eventi esogeni si scontrano con le liquidità dei hedge funds e con le intenzioni di chi è li per sfruttare il cosiddetto momentum. Lo scenario è apocalittico. Non c’è un dato, un market-mover, una sola luce che possa dare un briciolo di speranza per risollevare le economie in tempi brevi. “I prossimi anni saranno durissimi” è il messaggio che trapela tra gli addetti ai lavori e in rete. E i mercati finanziari se ne fregano, allegramente. Ma a noi comuni mortali manca la visione di lungo periodo, quella che in gergo viene definita “big picture”. I mercati guardano avanti, i dati macro fotografano il passato e per le istituzioni quello non conta. O almeno conta poco. Quello che conta è la fiducia, sono le prospettive, è l’allocazione di denaro. La liquidità conta il resto sono chiacchiere.

Viviamo in tempi dove il costo del denaro tende al rialzo ma in realtà se osserviamo bene ci rendiamo conto che veniamo da 30 anni di svalutazioni: quello che abbiamo nelle tasche e sui nostri conti è carta straccia. L’equivoco va risolto (secondo la tesi dei mercati), allocando continuamente liquidità nei settori e sui titoli più performanti. E’ così che è nata la favola delle big tech negli Stati Uniti. E’ così che nascono tutte le grandi bolle. Nessuno saprà mai quale sarà il giorno in cui il vaso di pandora verrà scoperchiato, chi bucherà con uno spillo questa grande macchina mangia soldi ma la verità è che i mercati seppur colpiti dai tanti fattori esogeni del 2022, hanno sete di liquidità.




L'inflazione complessiva è ancora troppo alta e al di sopra delle proiezioni degli esperti della BCE. Gli effetti di base diventeranno più potenti e la situazione potrebbe diminuire rapidamente. Questo vorrà dire soltanto una cosa: recessione (fonte Eurostat)


Se solo vi guardate indietro e pensate per un solo istante alla pandemia, ai lockdown, all’invasione russa, alle guerre commerciali, chi di noi potrebbe minimamente pensare che le cose possano andare meglio e non peggio? I mercati, chiaramente.

Il gioco deve continuare, la liquidità continuerà a fluire, il contante continuerà a circolare, così come il sangue per le strade. Non è la saga dei luoghi comuni questo articolo ma soltanto un momento di riflessione che volevo condividere con i lettori di Macro Talk. A volte siamo troppo abbagliati dalle nostre idee e dalle posizioni che cerchiamo di strutturare e non guardiamo il dito oltre la luna. Il sistema solare dei mercati continuerà a girare e non scomparirà. Ci sarà sempre qualcosa di valore sotto-prezzato e qualcosa in bolla che scoppierà, ma la cosa che va chiarita una volta per tutte è che i mercati non hanno bisogno dei dati passati per muoversi ma hanno bisogno di investitori danarosi pronti a lanciarsi nel fuoco. La fiamma arde con i nuovi giocatori, siamo noi che la alimentiamo.

Calendario economico della settimana

Venerdì scorso i non farm payrolls negli Stati Uniti hanno confermato l’ennesimo dato positivo per l’economia: più alte richieste di nuove buste paga (+263,000 contro le +200,000 attese) significano che il mercato del lavoro è ancora solido con un inflazione alta. Dobbiamo soltanto decidere se recessione o stagflazione, questo è ormai certo e alle porte. La Federal Reserve è come al solito complice di tutto questo. Il presidente Jerome Powell ha tenuto uno speech la settimana scorsa che ha tranquillizzato i mercati finanziari, facendosi notare meno falco del previsto. Questo ha infiammato i mercati che solo in quella seduta hanno stampato un verde diffuso, estremizzato dai titoli tecnologici che hanno festeggiato come se non ci fosse un domani.





Quando vedo questi movimenti dopo 9 settimane incessanti di rialzi davvero mi chiedo che senso ha la macro economia correlata ai mercati finanziari. Capita che ad intervalli irregolari determinate correlazioni si attenuino in favore di movimenti meno razionali. Dopo una settimana piena di appuntamenti, questa ottava sarà meno intensa visto che entreremo nel periodo di silenzio dei banchieri centrali prima delle ultime due riunioni dell’anno di Fed e BCE. Mi aspetto un pò meno manipolazione e un pò più di sanità mentale per non rischiare di trasformare la bolla in una catastrofe nel 2023: a volte un bel bagno di umiltà farebbe bene anche ai mercati.


Al prossimo articolo!

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