MT27: Dove sono gli yachts dei clienti?

 


"Le tasse sono una cosa bellissima” 

(Tommaso Padoa-Schioppa)


Nell’Ottobre del 2007, intervenendo ad una trasmissione televisiva, l’allora ministro dell’economia Tommaso Padoa-Schioppa se ne uscì con la frase che apre il nuovo appuntamento di Macro Talk e che all’epoca destò stupore ai più. Mi piaceva l’irriverenza del messaggio. Il prelievo fiscale è una cosa giusta e un contributo solidale alla collettività a patto che queste vengano spese in modo equo, utile e proficuo. La classe politica di oggi ispira l’esatto opposto e seppur siamo appena all’inizio di una sanguinosa campagna elettorale che ci condurrà al voto il 25 Settembre, sappiamo benissimo che i nostri contributi dovranno essere gestiti, volenti o nolenti, da loro. La redistribuzione è un concetto nobile ma a volte ti rendi conto di come tutto questo rasenti le zero possibilità che queste vengano utilizzate in modo virtuoso.



Tommaso Padoa-Schioppa in una foto di repertorio (fonte IMF Photographic archives)


In Italia le prossime settimane saranno convulse: i mercati finanziari prezzeranno tutti i rischi economici e politici del bel Paese e in generale dell’Europa, epicentro di una crisi energetica senza precedenti. Il crescente pessimismo nei confronti del quadro economico e inflattivo dell’Eurozona si evince dalla sotto-performance dell'azionario europeo (di quello tedesco che in realtà dura da più tempo) e dalla discesa dell’Euro, tornato alla parità in barba a un posizionamento difensivo e al rialzo dei rendimenti. Un ulteriore disturbo al sentiment è venuto, nell'ultimo periodo, dalla Cina, sia in termini di quadro macro (con l'immobiliare che continua a soffrire), che di geopolitica, con la reazione alla visita della Pelosi a Taiwan, le cui ricadute sono ancora in dispiegamento.

In generale, l'impressione che si ricava dalla price action sui mercati nella seconda metà di Agosto è di un approccio all'autunno con le economie in rallentamento, in particolare quella Europea a causa della crisi energetica, mentre quella statunitense da segnali più altalenanti. Le banche centrali sembrano sempre determinate ad assicurarsi che l'inflazione rientri a target e quindi per il momento niente rallentamenti del tightening. L’inverno sta arrivando e con esso tutti i problemi legati alla stagionalità dai rincari dell’energia elettrica, dal gas e dal cartello del petrolio (che approfondiremo a breve). L’obiettivo è quello di cercare di cogliere le migliori opportunità per chi può, essere vigili e rimanere liquidi. Piccola cartolina introduttiva che poco centra con tutto il resto, ma che fotografa le buone intenzioni del compianto ministro Schioppa e della personalissima visione/definizione di bellezza. Just saying.


L’Opec, storia di un cartello autorizzato

Il recente rally ha perso il suo slancio. Il Nasdaq ha chiuso venerdì con un tonfo (quasi -5%) e più in generale tutti gli indici mondiali sono impostati al ribasso: anche le principali azioni europee lo sono, anche se con una maggiore svendita. Gli sviluppi forniscono alcune indicazioni del fatto che gli investitori scontano pesantemente il futuro e stanno iniziando a riconoscere l'imminente recessione che, è un affare certo con gli attuali prezzi dell'energia. Il petrolio sembrava diretto al target recessivo che ho identificato in area 75$ per barile, per poi invertire pesantemente dopo che il cartello dell’Opec plus ha fatto intendere un imminente taglio delle scorte. Questi sono gli stessi signori che hanno permesso al petrolio di finire in negativo a -38$ per barile in piena crisi pandemica e non si porrebbero alcun scrupolo nel tentativo di raggiungere i loro obiettivi.

L’oro nero è un market mover incredibile e per alcuni paesi (Russia, Stati Uniti, Cina) è vitale per garantire loro, lo status di super potenze. Nelle prossime settimane mi aspetto nuovi tentativi di mettere sotto pressione i mercati azionari e le materie prime saranno il barometro a cui le banche centrali devono tener conto per le future decisioni di politica monetaria (nuovo aumento tassi di 75 punti base?). Ma chi sono i signori dell’Opec e cos’è l’Opec plus? Approfondiamo.



Uno storico screenshot da CNBC del 20 Aprile 2020 con il Crude Oil Texano negativo -37.63$

(fonte Dax Trading Ideas)


L'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC) è un'organizzazione intergovernativa di 13 Paesi. Fondata il 14 settembre 1960 a Baghdad dai primi cinque membri (Iran, Iraq, Kuwait, Arabia Saudita e Venezuela), dal 1965 ha sede a Vienna, in Austria, sebbene l'Austria non sia uno Stato membro dell'OPEC. A settembre 2018, i 13 Paesi membri rappresentavano, secondo le stime, il 44% della produzione mondiale di petrolio e l'81,5% delle riserve mondiali di petrolio "provate", conferendo all'OPEC una grande influenza sui prezzi globali del petrolio, che in precedenza erano determinati dal cosiddetto raggruppamento delle "Sette Sorelle" delle multinazionali del petrolio.

La formazione dell'OPEC ha segnato una svolta verso la sovranità nazionale sulle risorse naturali e le decisioni dell'OPEC hanno assunto un ruolo di primo piano nel mercato globale del petrolio e nelle relazioni internazionali. L'effetto può essere particolarmente forte quando guerre o disordini civili causano interruzioni prolungate delle forniture. Negli anni '70, le restrizioni alla produzione di petrolio hanno portato a un drammatico aumento dei prezzi del petrolio e delle entrate e della ricchezza dell'OPEC, con conseguenze durature e di vasta portata per l'economia globale. Negli anni '80, l'OPEC ha iniziato a fissare obiettivi di produzione per i suoi membri; in genere, quando gli obiettivi vengono ridotti, i prezzi del petrolio aumentano. Ciò si è verificato più di recente con le decisioni dell'organizzazione del 2008 e del 2016 di ridurre l'eccesso di offerta.

Gli economisti hanno caratterizzato l'OPEC come un esempio da manuale di cartello che coopera per ridurre la concorrenza sul mercato, ma le cui consultazioni sono protette dalla dottrina dell'immunità di Stato del diritto internazionale. Negli anni '60 e '70, l'OPEC ha ristrutturato con successo il sistema di produzione petrolifera globale in modo che l'autorità decisionale e la maggior parte dei profitti siano nelle mani dei Paesi produttori di petrolio. Dagli anni '80, l'OPEC ha avuto un impatto limitato sull'offerta mondiale di petrolio e sulla stabilità dei prezzi, poiché i membri hanno spesso tradito i loro impegni reciproci e poiché gli impegni dei membri riflettono ciò che farebbero anche in assenza dell'OPEC.



Mohammed bin Salman e Vladimir Putin durante una sessione di lavoro dei leader al vertice del G20

a Osaka, in Giappone. (TradeArabia)


Gli attuali membri dell'OPEC sono Algeria, Angola, Guinea Equatoriale, Gabon, Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Nigeria, Repubblica del Congo, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Venezuela. L'Ecuador, l'Indonesia e il Qatar sono ex membri dell'OPEC. Alla fine del 2016 si è formato un gruppo più ampio chiamato OPEC+ per avere un maggiore controllo sul mercato globale del greggio. Questo gruppo di paesi, comprende Azerbaigian, Bahrein, Brunei Darussalam, Kazakistan, Malesia, Messico, Oman, Filippine, Russia, Sudan e Sud Sudan.


Il recente rialzo del petrolio, in breve

Il Ministro dell'Energia dell'Arabia Saudita ha dichiarato che la volatilità "estrema" e la mancanza di liquidità significano che il mercato dei futures è sempre più scollegato dai fondamentali e che l'OPEC+ potrebbe essere costretta a tagliare la produzione. I prezzi dei futures non riflettono i fondamentali dell'offerta e della domanda, il che potrebbe costringerli a ridurre la produzione quando si riunirà il mese prossimo per valutare gli obiettivi di produzione.

L’Opec come tutte le altre organizzazioni di stampo capitalistico sono lì per produrre un vantaggio per chi ne fa parte. Se ci pensate bene, è lo stesso lavoro che si propongono di fare gli Hedge Funds promettendo alte performance e ricevendo in cambio commissioni sproporzionate in base ai reali rendimenti ottenuti. E’ la solita storia vecchia come il mondo: gli hedge funds manager comprano nuovi yacht, ma dove sono quelli dei clienti?


Dove sono gli yachts dei clienti?

In un libro di memorie dal titolo stucchevole “Quello che ci vuole: lezioni sulla ricerca dell'eccellenza” di Stephen Schwarzman, il cofondatore di Blackstone, spiega come il suo gigante del private equity sia arrivato a controllare il denaro dei più grandi fondi pensione pubblici della nazione. Oggi ha un patrimonio netto di circa 33 miliardi di dollari. E non perché il private equity, o quello che Wall Street chiamava leveraged buy-out (LBO), sia particolarmente bravo ad acquistare e far crescere le aziende. È perché il private equity può estrarre molte commissioni nascoste dai fondi pensione. Le grandi società di private equity hanno potere di mercato sui fondi da cui raccolgono fondi e possono stabilire condizioni che rendono molto difficile capire quanto viene loro addebitato. Il patrimonio netto di Schwartzman ne è il risultato.

Negli ultimi cinque anni, il pubblico si è accorto del private equity. La gente è arrabbiata perché gli affitti stanno salendo alle stelle, mentre gli investitori privati di grandi società di investimento acquistano e ristrutturano super appartamenti in pieno centro. Più in generale, il pubblico nota che mentre le loro pensioni sembrano vuote, le persone che le gestiscono — come Schwarzman — organizzano feste multimilionarie con acrobati, cammelli e finti soldati mongoli.


Cos'è il private equity?A differenza di un fondo comune di investimento, in cui un gestore raccoglie denaro dagli investitori e acquista azioni e obbligazioni quotate in borsa, il private equity raccoglie il proprio denaro a porte chiuse, invece di vendere azioni o obbligazioni fluttuanti che possono essere scambiate in borsa. Gli investitori mettono il denaro in fondi amministrati da società di private, che poi acquistano le società, con la scusa di ristrutturarle (non è impossibile, ma non è nemmeno dimostrabile che sia la norma), per poi venderle. L'obiettivo dichiarato è quello di fornire rendimenti ai loro investitori. Le società di private equity prendono commissioni e spese, oltre a una percentuale dei profitti quando le aziende vengono vendute. In realtà si tratta solo di un tipo di finanza che incanala i risparmi dei pensionati nell'acquisto di beni reali, come una banca usa il denaro dei conti di risparmio per concedere prestiti alle aziende. 



Una lettura che vi consiglio: Dove sono gli Yachts dei clienti? Di Fred Schwed (fonte Amazon)


In effetti, la ricchezza dei baroni del private equity, se contrapposta alla povertà dei loro clienti, fa venire in mente una vecchia barzelletta della finanza che racconta di un visitatore di Wall Street che ammira i vari yacht di proprietà dei banchieri e poi chiede ingenuamente "Dove sono gli yacht dei clienti?". La battuta è che i banchieri fanno i soldi, non i clienti. Questo è chiaro, scontato e forse anche giusto: chi si assume il rischio imprenditoriale è giusto che venga pagato di più. Il problema è da ricercare in chi raccoglie il pubblico risparmio o nel private equity, che a conti fatti non sanno quello che fanno. Non rispettano i benchmark, applicano commissioni spropositate e non tutelano i risparmiatori nelle fasi di drawdown. Ne ho parlato in maniera approfondita nell’ultimo articolo “L’era dei ponzi” che ti invito a rileggere.


Un rialzo che non convince

Diversi gestori di portafogli e hedge fund manager non credono nell’attuale rally e il risultato generale è un sentimento molto negativo. Il sentiment generale dei professionisti rimane totalmente ribassista, poiché sembra quasi impossibile trovare un qualsiasi barlume di speranza per lo slancio economico, con l’inverno alle porte e i rincari folli sull’energia. Le masse d’investitori si muovono in gregge: non sottovalutate il vecchio detto di borsa e di quello che succede quando tutti si dirigono da un lato del mercato: “se tutti fanno una cosa, non è detto che sia quella più proficua”. Vi ricordo che il 95% delle persone sbaglia su qualsiasi cosa, quindi facciamo attenzione e approfondiamo.

Nonostante il sentiment negativo che condivido anch’io devo far presente alcuni dati interessanti che sono stati divulgati di recente che riguardano l’approvvigionamento delle scorte di gas in Europa. La situazione dello stoccaggio del gas sta migliorando rapidamente: i terminali di GNL in Polonia stanno entrando in funzione già prima dell'inverno, mentre la Germania potrebbe attivare la capacità di GNL al più tardi nel primo trimestre del prossimo anno. La Germania è già riuscita ad aumentare materialmente l'afflusso di gas, raggiungendo questa settimana un nuovo massimo storico; ha inoltre trovato nuovi fornitori anche se molto più costosi.



Molti paesi hanno già superato la soglia dell'80% per il gas naturale in Europa (fonte MacroBond)


Questo cosa vuol dire? Che in base ai dati in mio possesso e al funzionamento dei contratti annuali che le imprese stipulano con i fornitori tra Ottobre e Novembre, potremo avere il picco del prezzo del Gas a breve. Avendo siglato personalmente accordi di fornitura con alcuni colossi del gas, conosco il funzionamento tecnico e speculativo di questo tipo di contratti. Inoltre, se controllate un banale grafico dei futures del Natural Gas potrete notare voi stessi la stagionalità dei prezzi che statisticamente aumentano fino a raggiungere un picco ad Ottobre.

Adesso, considerando lo stato attuale delle cose, la situazione è sicuramente più complicata per tutti i fattori geopolitici che stiamo ormai raccontando da settimane. Detto questo, non mi sorprenderei vedere di nuovo una stabilità e poi discesa dei prezzi per il 2023, tenendo conto che stiamo stoccando gas già da tre mesi ed i prezzi di acquisizione sono quelli di adesso. Questo farà si che i prezzi non scenderanno drasticamente come sempre ma rimarranno stabili per tutto l’inverno in Italia.

Quello che più mi preoccupa è l’inflazione come dato in generale diffuso in tutta Europa. Oltre alle materie prime, le aziende stanno trattenendo gran parte degli aumenti senza scaricare tutto sul consumatore finale. Da un momento all’altro questo tappo potrebbe saltare con risvolti sicuramente catastrofici che aprirebbero le porte ad una recessione oltre che tecnica anche strutturale nel vecchio continente.



Un problema che parte da lontano: dalla crisi pandemica in poi, il prezzo del gas naturale quotato

ad Amsterdam è soltanto salito. Al contrario della moneta Euro, caduto in una crisi strutturale

(fonte Dax Trading Ideas)


Le prospettive dell'inflazione negli Stati Uniti sembrano aver raggiunto l'apice, mentre in Europa si continua a registrare un'impennata. Solo la scorsa settimana, l'IPC anno su anno del Regno Unito ha raggiunto il 10,1% e in Germania l'IPP a/a è stato rilevato al 37,2%. L’Europa è il vaso di coccio tra vasi di ferro con un'inflazione ancora più alta, una recessione e una BCE falco (aumento tassi) nel quarto trimestre. Siamo sicuri che le sanzioni e il blocco totale verso la Russia stia danneggiando la Russia? Dopo 6 mesi di ipotesi adesso è una certezza, NO.


Calendario economico della settimana

La settimana che ci lasciamo alle spalle ha ancora le scorie del simposio di Jackson Hole che ogni anno ad Agosto prende la scena. Questa kermesse dove tutti i banchieri centrali del mondo si riuniscono negli Stati Uniti per coordinare decisioni di politica monetaria, con il tempo ha assunto caratteristiche di market mover. L’anno scorso è stato Jerome Powell a condurre le danze: tra tutti gli scenari previsti non ne ha azzeccato uno, definendo “l'inflazione temporanea”, aveva notato “poche prove di pressioni salariali”, ed approvato una politica troppo accomodante. Questa volta ha tirato dritto e sfidato i mercati finanziari promettendo un inverno duro ed una Fed inflessibile finché non avrà raggiunto il target contro l’inflazione. Proprio quello che l’alta finanza non voleva sentirsi dire: niente accomodamento, almeno per ora.




Settimana che chiuderà il mese di Agosto e ci porterà dritti verso la prossima riunione della Federal Reserve, mentre i futures sui Fed Funds iniziano a prezzare un aumento dei tassi ancora alto (75 punti base). Oggi festività nel Regno Unito, martedì rapporto sulla fiducia dei consumatori negli Stati Uniti. Mercoledì 31 Agosto si chiude con l’indice dei prezzi al consumo che indicherà la strada anche alla Banca Centrale Europea se seguirne una più ripida. Settembre invece inizierà con tanta carne al fuoco a partire dall’indice cinese Caixin, passando per l’indice dei direttori degli acquisti del manifatturiero in Germania e nel Regno Unito, chiudendo la sessione con il benchmark indice ISM negli Stati Uniti. Venerdì sarà il giorno dei Non Farm Payrolls che saranno integrativi agli altri dati per completare il quadro valutativo, nell’intento di arginare la spirale inflattiva. L’inverno sta arrivando, ma prima c’è l’autunno da digerire e i venti di coda sono davvero fastidiosi.

Al prossimo episodio!


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