MT4 - La legge della domanda e dell'offerta

 


Siamo entrati nella terza settimana dall’inizio del conflitto e nonostante i mercati finanziari e l’economia in generale iniziano a prezzare il nuovo scenario, le prospettive davanti a noi sono inquietanti. L’Europa tutta ha deciso che è meglio barattare una recessione profonda (nel migliore dei casi) nel tentativo di fermare una guerra disumana. Dal punto di vista morale neanche la mente più malata avrebbe nulla in contrario, ma tant’è che il dato di fatto a cui stiamo andando in contro è la peggior cosa per ogni economia: stagflazione

Con Covid prima e ora la guerra in Ucraina, gli shock della domanda e dell'offerta abbondano nella nostra economia, facendo salire i prezzi e aumentando la volatilità in generale. Ho monitorato l'effetto del consolidamento per anni, e una delle conseguenze del consolidamento è che questo tipo di shock porta più spesso a picchi di prezzo, volatilità e carenze. Non è solo che le catene di fornitura sono più fragili, ma le aziende hanno semplicemente il potere dei prezzi, e ora hanno una scusa per usarlo anche quando non sono minacciate da interruzioni della catena di fornitura. 

I tentativi di evitare questa debacle economica potranno essere molteplici ma avranno un costo: continuare con stati emergenziali e piani a debito, non farà altro che colpire generazioni future che incolumi, subiranno il peso di scelte necessarie nel breve periodo. La deriva ecologista che come abbiamo spiegato nei recenti articoli, non coglie il suo senso più profondo era all’interno di un programma europeo da sviluppare entro il 2050. La pandemia ha accelerato il processo e l’EU ha deciso che entro il 2030 tutto dovrà essere completato, in particolare dopo un accordo vantaggioso con il regime cinese (La via della seta, ndr).


L’Italia insieme alla Germania è il paese con la % più alta di dipendenza dal gas russo.


(fonte Bruegel)


Dall’inflazione alla stagflazione senza passare dal via

Con il termine inflazione si intende un aumento progressivo del livello medio generale dei prezzi, o anche diminuzione progressiva del potere di acquisto (cioè del valore) della moneta. Il fenomeno può avere molteplici cause, sia reali sia monetarie, e assumere forme differenti. Per esempio, si definisce inflazione strisciante un aumento modesto (inferiore al 10%), ma prolungato dei prezzi; inflazione galoppante un aumento rapido e irrefrenabile degli stessi e iper-inflazioneun aumento particolarmente sostenuto (superiore al 50% al mese).

L’inflazione produce numerosi effetti negativi. Poiché il potere d’acquisto della moneta diminuisce a causa dell’aumento dei prezzi delle merci, gli individui, non volendo detenere il risparmio sotto forma monetaria (e nemmeno obbligazionaria, dato che le obbligazioni, fruttando una somma di denaro fissa e venendo rimborsate alla fine della loro vita a un valore nominale fisso, seguono la sorte del contante), si orienteranno verso l’acquisto di beni-rifugio come oro, immobili ecc., i cui prezzi aumentano e che pertanto sono in grado di preservare il loro valore. In un’economia aperta, l’aumento dei prezzi fa diminuire la competitività internazionale delle merci e quindi le esportazioni. Perché le merci di un paese conservino competitività sui mercati internazionali, bisogna che i prezzi delle merci di quel paese non crescano più rapidamente dei prezzi delle merci di altri paesi con cui sono in concorrenza. Qualora il paese i cui prezzi aumentano più velocemente attui una svalutazione allo scopo di accrescere la competitività delle proprie merci, si può creare una spirale inflazionistica o svalutazione. Il paese che attua la svalutazione infatti può causare, ricorrendo a questo provvedimento, una crescita dell’inflazione interna come conseguenza dell’aumento del prezzo delle importazioni, per cui è costretto a svalutare ulteriormente il cambio, e così via.

Fatta la dovuta premessa su cosa è l’inflazione, passiamo adesso sul piano pratico affrontando il caro materie prime nella routine quotidiana dell’italiano medio.


Il costo che ci stiamo assumendo come cittadini è tangibile a tutti i livelli: il caro energia è stato attribuito alla speculazione che, secondo TV e giornali ha raddoppiato il costo del carburante. Se affrontiamo i discorsi in maniera seria e costruttiva ci accorgiamo che l’aumento è stato del 30% dall’inizio del conflitto: non si è fatto altro che soddisfare i criteri di domanda e offerta all’interno di un mercato libero. Gli effetti collaterali di decisioni estreme (guerre, conflitti internazionali ecc.) fa si che qualcuno ne approfitterà: è sempre successo nella storia dei popoli e non è il caso di sorprenderci e svegliarci soltanto oggi. Se tutti non facessero benzina il prezzo alla pompa diminuirebbe, invece ci siamo affrettati in coda per prendere il miglior prezzo (mediamente €/2,20 al litro, quello del diesel) mossi dalla paura. Ecco qual è il vero market mover di ogni mercato: la paura. Gli investitori (in questo caso utilizzatori) compongono la maggior parte della massa psicologica che muove i mercati. Gli esseri umani fin dalla notte dei tempi, sono influenzati da paura e avidità: lo stesso fanno i mercati e non si capisce perchè un evento dovrebbe essere de-correlato all’altro. Lo Stato inteso come monopolista e garante può davvero poco se non togliere gettito all’erario, intaccando un bilancio già disastrato. Le accise scalfiscono lo 0,50% del prezzo mentre l’iva è quella che può incidere alcuni centesimi ma rimane pur sempre un palliativo. L’ultima iniziativa del governo è quella di offrire uno sconto di 15 centesimi decurtandolo dal maggior gettito iva generato dagli aumenti. La domanda però nasce spontanea: secondo voi, chi verserà la differenza ai produttori? Cosa può fare allora lo Stato?



Il costo del diesel ha superato quello della benzina, durante il picco del petrolio 


 a 130$ al barile. (Immagine di repertorio)


Partiamo dal principio. Innanzitutto uno Stato serio, come tutte le aziende sane che si rispettino, offre ai propri cittadini (clienti) il miglior servizio al miglior prezzo. Per offrire un servizio c’è bisogno dell’infrastruttura, per il miglior prezzo un ventaglio di fornitori. Negli ultimi 30 anni lo stato non ha fatto altro che affidare contratti monomandatari ed esclusivi di fornitura e stoccaggio ad Eni ed Enel, società bandiera in Italia. Questo ha creato l’effetto boomerang che può essere visibile soltanto nei periodi di forte crisi energetica (come quello attuale): le pretese di queste ultime hanno girato il coltello dalla parte del manico contro lo Stato. Il cappio alla gola è stato poi rovesciato sui cittadini che vengono raggirati quando i prezzi del petrolio oscillano. Discorso simile con i contratti di fornitura di gas tra Russia e Europa: finché abbiamo concesso a Putin la possibilità di essere il partner commerciale unico a prezzi stracciati a nostro favore, il governo russo era un buon governo, nonostante le guerre nel mondo fatte dal regime di Mosca non siano mai cessate. L’embargo che abbiamo applicato contro la Russia era soltanto un modo per mascherare la convenienza delle nostre azioni.

lo Stato può essere paragonato a tutti gli effetti ad un’azienda: ogni anno produce un bilancio, deve approvare un DEF, ha dei costi, incassa tasse e offre servizi.


Oggi l’ipocrisia di colpire il regime di Putin con le sanzioni raggiunge i suoi massimi storici, mentre incolpevoli cittadini Europei (aumento della povertà) e Ucraini (l’atrocità della guerra) continuano a subire ingiustizie senza precedenti.


 

La curva in termini percentuali degli aumenti delle materie prime(gas/petrolio)

durante i periodi di  guerra.


Lo spauracchio della stagflazione

Il costo del gas ogni anno aumenta con l’inizio della stagione invernale, questo cosa vuol dire? Che la domanda di gas a partire dal mese di ottobre aumenta, perchè di conseguenza il consumo aumenta nel continente Europeo. Dopo la metà di marzo fino ad estate inoltrata è possibile vedere i minimi sui future del natura gas per il motivo contrario. Chi può stupirsi di tutto ciò? Nel momento in cui i rischi geopolitici aumentano, le paure aumentano e i prezzi salgono, chi ha un minimo di cultura finanziaria non si sorprende degli accadimenti degli ultimi giorni. Il prezzo del grano è aumentato a seguito della paura che alcuni paesi possano limitare l’offerta. La stupidità umana come reagisce a tutto ciò? Svuotando gli scomparti dei supermercati facendo conserve di decine di kg di farina e pasta per la paura di rimanere senza. Cosa succede quando la domanda aumenta?



Dopo la corsa all’acquisto di pasta e farina durante il coronavirus, di nuovo il fenomeno degli scaffali vuoti nei supermercati che concorrono all’aumento dei prezzi.

 (Immagine di repertorio)


Il gioco è sempre lo stesso e il punto di equilibrio verrà sempre ritoccato. Nel ciclo economico e nella catena alimentare animale il cerchio si chiude sempre, è il mistero della vita che si sviluppa anche nelle nostre azioni, a volte troppo poco razionali e mossi dalla debole psicologia di ogni individuo. Quello che questi governi e l’Europa tutta devono evitare con tutte le forze è un periodo di stagflazione. Ma cos’è esattamente?

In economia, con il termine stagflazione (combinazione dei termini stagnazione ed inflazione) si indica la situazione nella quale sono contemporaneamente presenti nello stesso mercato sia un aumento generale dei prezzi (inflazione), sia una mancanza di crescita dell'economia in termini reali (stagnazione economica). La stagflazione è un fenomeno presentatosi per la prima volta alla fine degli anni sessanta, prevalentemente nei paesi occidentali, in particolar modo in Italia; precedentemente inflazione e stagnazione si erano invece sempre presentate disgiuntamente. La contemporanea presenza di questi due elementi mise in crisi la teoria di John Maynard Keynes (e le successive teorie post-keynesiane) che, per oltre 30 anni, era stata la spiegazione più convincente per l'andamento dei sistemi economici, oltre che valido strumento di politica economica per i governi di Paesi ad economia di mercato. Milton Friedman, Nobel in Economia nel 1976, era stato tra i pochi a discostarsi dalle visioni keynesiane e roosveltiane e a prevedere, nei suoi due libri Capitalism and Freedom e Storia Monetaria degli Stati Uniti, l'avvento della stagflazione. 

Gli economisti propongono due spiegazioni principali sulla stagflazione: una prima, secondo la quale il fenomeno si presenta allorché sussiste uno "shock di offerta", per esempio un rapido aumento del prezzo del petrolio, come avvenne nel 1973 con l'aumento iniziale del 70% del prezzo dell'"oro nero" da parte dell'OPEC, a seguito della guerra del Kippur come ritorsione nei confronti dei Paesi occidentali sostenitori dello stato di Israele e poi la seconda spiegazione attribuisce ai governi la responsabilità della stagflazione quando vengono realizzate delle politiche che danneggiano il settore produttivo tramite un aumento troppo repentino della moneta circolante. 

Una proficua lotta alla stagflazione è particolarmente complessa, in quanto per diminuire la spinta inflazionistica le Banche Centrali dovrebbero ridurre la massa di moneta circolante e, indirettamente, contenere la domanda di beni e servizi; ma una diminuzione della domanda causata da scarsità della massa monetaria non favorisce la crescita economica e quindi il rientro della disoccupazione. Rispetto agli anni '70 in poi, il fenomeno della stagflazione è stato mitigato dalla mancata rincorsa prezzi/salari, ovvero ad un aumento dei prezzi, soprattutto petrolio e materie prime, non corrisponde automaticamente un adeguamento inflattivo delle richieste salariali che vengono condizionate dalla possibilità per le imprese di delocalizzare, cioè esportare sempre di più la produzione in paesi che hanno un costo del lavoro nettamente inferiore.

Questa tendenza a sua volta riduce la possibilità di contrattare eventuali aumenti salariali nei paesi più sviluppati riportando in equilibrio il mercato del lavoro e quindi senza produrre un ulteriore peggioramento del tasso d'inflazione; a questo punto una politica monetaria restrittiva risulta inefficace e quindi occorre agire piuttosto su quella fiscale, con una sensibile riduzione della spesa corrente ed una corrispondente riduzione della pressione fiscale, unico strumento efficace per stimolare i consumi e perciò la domanda aggregata di beni e servizi. La conseguente crescita economica rende quindi possibile una ripresa dell'occupazione, proprio in conseguenza della sopra citata moderazione salariale. Alle Banche Centrali spetta quindi il compito di fine tuning, ovvero di equilibrare con la maggiore precisione possibile, la liquidità immessa nel sistema, in particolare attraverso una migliore allocazione della massa monetaria allargata che accompagni la ripresa dell'economia.

La legge della domanda e dell’offerta

I politici di oggi sono lo specchio dei nostri tempi. Non sanno distinguere l’aumento dei prezzi da un paio di mutande. La speculazione è la linfa dei mercati e soltanto chi non conosce i meccanismi reali può criticarla. La domanda e l’offerta vanno regolamentate da enti di garanzia, ma il libero scambio e la liquidità che questi players danno al mercato stesso dà la possibilità all’utente finale di fare la scelta migliore, in base a principi di equa distribuzione, concorrenza e una buona e leale offerta commerciale.



La legge della domanda e dell’offerta è un concetto matematico che trova la sua stabilità 

nel punto di equilibrio. (Immagine di repertorio)


La Tobin Tax, altrimenti conosciuta come imposta sulle transazioni finanziarie o FTT, prende ispirazione da James Tobin, premio Nobel per l’economia nel 1981, che l’aveva proposta sin dal 1972 al fine di penalizzare le speculazioni. La Tobin Tax in Italia è stata istituita dalla legge 228/2013 (legge stabilità 2013) ed è entrata in vigore l’1 marzo 2013. La tassazione è a carico dell’acquirente e si applica ai trasferimenti di proprietà di azioni e strumenti finanziari partecipativi, ai contratti derivati e su titoli che abbiano come sottostante le azioni di cui sopra e operazioni “ad alta frequenza”. Le persone soggette al pagamento della tassa sulle transazioni finanziarie sono: gli acquirenti per i quali è stata eseguita una transazione finanziaria, incluso il trasferimento di proprietà di azioni, trading obbligazionario ecc. ecc.

Di tanto in tanto si sente parlare di Tobin Tax europea, tanto cara a chi vede il diavolo in ogni transazione finanziaria, ma che non ha mai avuto (fortunatamente, a mio parere) successo laddove sperimentata. Tecnicamente il problema della Tobin Tax è che, per raggiungere lo scopo dei proponenti, dovrebbe essere adottata ovunque, altrimenti penalizza le piazze finanziarie dove è prevista a favore delle altre. Lo stesso Tobin si rese conto che si trattava di una condizione di inverosimile realizzazione. Fatto sta che all’indomani della crisi dei debiti sovrani in Area euro, si creò una cooperazione rafforzata tra Italia, Francia, Germania e Spagna per arrivare a una Tobin Tax europea. In attesa di raggiungere un accordo Italia e Francia, che quando si tratta di mettere tasse sono sempre le prime della classe, introdussero una loro versione domestica di Tobin Tax.

Il governo Monti stimò un gettito di un miliardo all’anno, ma la tassa non ha mai raccolto neppure un decimo di quella somma. Ciò non significa che non abbia fatto danni: infatti ha ridotto la liquidità sulla Borsa italiana e ha contribuito ad aumentare la volatilità. Durante la pandemia si è deciso di chiudere l’indice italiano FTSEMib per eccesso di speculazione. Il divieto di short covering ha generato l’effetto contrario (dove non c’è venditore non c’è compratore, legge della domanda e dell’offerta). Bisognerebbe spiegare ai nostri figli e nelle nostre scuole, oltre alle poesie di Leopardi anche la cultura finanziaria, cosa è il denaro e a cosa serve, invece di costruire soltanto dei futuri disoccupati e lavoratori precari.

In conclusione, non esiste una tassa giusta, men che meno equa. E non c’è nulla di etico nella tassazione, qualunque essa sia. Non può essere etico imporre un pagamento dietro la minaccia dell’uso della violenza. Se poi la tassa funziona come la Tobin Tax, è pure stupida.

Il ciclo economico

Con ciclo economico si intende l'andamento fluttuante dell'attività economica di un paese nella sua totalità, quale appare da indici quantitativi globali come quelli riguardanti la produzione nazionale, l'occupazione totale, il livello generale dei prezzi, ecc.

La constatazione che l'attività produttiva non si svolge nel tempo in modo uniforme non è certamente nuova: anche i sistemi economici primitivi, a carattere quasi esclusivamente agricolo, furono sempre colpiti, ad intervalli più o meno lunghi, da periodi di "carestia", normalmente dovuti al verificarsi di condizioni meteorologiche particolarmente avverse che venivano a causare violente cadute nei raccolti annuali. L'espressione "cicli economici" tuttavia si riferisce a fenomeni di natura ben diversa, connessi con l'attività economica in una società di tipo moderno, ossia in una società - quale è quella che è uscita dalla cosiddetta rivoluzione industriale - nella quale non tanto l'attività agricola quanto le attività industriali e commerciali vanno continuamente assumendo un peso sempre più rilevante nell'attività economica complessiva. Ora, l'esperienza degli ultimi 150 anni ha mostrato chiaramente che l'attività produttiva nei paesi industriali presenta nel tempo periodi in cui si verifica una rapida espansione - con l'apertura di nuove branche produttive, il febbrile ampliamento di quelle già esistenti, l'aumento del numero totale delle ore di lavoro, ecc. - e periodi in cui si verificano i fenomeni opposti: produzioni in declino, stasi delle esportazioni, licenziamenti del personale, ecc. Le fasi di questo complesso movimento che per prime attrassero l'attenzione degli studiosi e degli uomini di governo furono, per ovvie ragioni, i movimenti discendenti, che vennero contrassegnati col nome di "crisi economiche". Non si mancò tuttavia di rilevare ben presto una certa periodicità in queste "crisi", il che fece nascere il sospetto che le crisi altro non fossero che una parte di tutto un movimento più completo comprendente, come risultato di un unico meccanismo causale, fasi alterne di prosperità e di depressione. Nacque così il concetto dei cicli economici, o delle fluttuazioni cicliche della congiuntura economica.

I lavori di documentazione statistica al riguardo si sono moltiplicati rapidamente e, specialmente per i paesi economicamente più evoluti (S.U.A., Gran Bretagna, Germania, ecc.), se ne trovano ormai parecchi e molto particolareggiati. Ad ogni ciclo economico si assegna normalmente una durata che va dai 5 ai 12 anni e comprende quattro fasi: una prima fase di espansione, una seconda di svolta superiore e recessione, una terza di depressione, e infine una quarta di svolta inferiore e ripresa. Gli studiosi di statistica economica non hanno mancato di mettere in evidenza, oltre a questi movimenti ciclici, anche altri tipi di andamento economico. Alcuni autori hanno persino sostenuto che, pur prescindendo dalle variazioni di carattere stagionale, esistono almeno due altri tipi di fluttuazioni sovrapponentisi alle prime, uno di durata più lunga (grandi fluttuazioni: 20-30 anni) ed uno di durata più breve (cicli delle scorte: 2-3 anni). Si tratta, tuttavia, di movimenti non così facilmente identificabili e quindi di natura più controversa. Un movimento che invece è molto evidente, oltre a quello ciclico più propriamente detto, è costituito da una tendenza secolare ad un generale aumento.


Crescita e sviluppo delle 4 fasi del ciclo economico. (fonte IG)


Nel frattempo la Federal Reserve molto attenta allo sviluppo del ciclo economico, nella conferenza stampa di Mercoledì 16 Marzo, ha provveduto al primo aumento del tasso d’interesse di 25 punti base, portandolo a 0,50. Il presidente del FOMC, Jay Powell, ho sostenuto che fino al 2023 ci saranno altri 6 rialzi, uno ad ogni riunione presumibilmente di 25 punti base per volta portando il tasso alla soglia del 2%. La prossima settimana non abbiamo eventi significativi dal calendario economico: il focus rimarrà sui negoziati di pace tra Russia e Ucraina e attenderemo speranzosi di uno spiraglio positivo.


Al prossimo articolo!

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